È nato tutto in poche ore, dalla lettera aperta di una mamma indirizzata mercoledì scorso al presidente della Regione Alberto Cirio. Sara Marchisio pensava che quelle parole di “stupore e sgomento” per la già probabile chiusura delle scuole sarebbero state sottoscritte solo dal marito, dai nonni e da qualche amico. Nel giro di una giornata invece il tam tam delle chat di Whatsapp e delle chiacchiere tra genitori aveva già portato a oltre 1300 adesioni. E oggi Sara, madre di due bimbi di sei e quattro anni, era in prima fila a guidare la protesta contro il ritorno alla didattica a distanza davanti al municipio di Cuneo.
Mamme, papà, insegnanti, un centinaio di persone si sono ritrovate per esprimere tutto il proprio disappunto in una manifestazione dal significativo titolo “Marzo 2020 - Marzo 2021 - Ritorno al passato”, per sottolineare che un anno dopo il primo lockdown nulla sembra essere cambiato: “La salute - incalza l’organizzatrice del flash mob - non riguarda solo la pandemia di oggi, che esiste e fa morti, ma il benessere dei bambini e adolescenti privati delle esperienze di socializzazione fondamentali. C’è qualcuno che si preoccupa di tutto questo, o c’è una visione miope che guarda soltanto all’oggi?”.
Ad alternarsi al microfono le testimonianze di tante persone, ognuna con il suo bagaglio di esperienze da un anno in cui - per parafrasare il celebre slogan - non tutto è andato bene. “Ho tre bambini in prima, terza e quinta elementare: non potrò seguire tre didattiche a distanza, sono stata a casa da lavoro fino a dicembre e ho usato tutti i permessi che avevo” dice una mamma di Boves, con una figlia disabile, che spiega: “Ho fatto di tutto per attivare un’assistenza infermieristica a scuola. Per lei la scuola è fondamentale per accettare il suo problema e affrontarlo nella società”. Un’altra signora racconta: “Sto vivendo da mesi l’apatia di mia figlia che fa prima superiore: non ha potuto nemmeno conoscere i nuovi compagni, quelli vecchi non li vede più. Si è ritirata in casa passando le giornate dal letto al divano”.
Una ex professoressa di 70 anni rilancia la proposta di vaccinare prima chi frequenta le scuole: “Sono in una categoria a rischio ma posso rinunciare al vaccino perché lo facciano prima i ragazzi: il futuro è loro e stiamo togliendo a questi giovani i loro sogni. Mia nipote di 18 anni non ha potuto fare nemmeno l’orientamento universitario”. Da uno dei papà, invece, arrivano le critiche più forti sul piano politico: “È passato un anno e siamo molto più stanchi e disillusi, ma dovremmo chiedere conto di quello che non si è fatto: non si sono presi provvedimenti strutturali per la scuola, riducendo gli alunni per classe, varando un piano di edilizia scolastica, proponendo assunzioni invece di precariato”. Il timore, infatti, è soprattutto che come già accaduto in passato i quindici giorni di chiusura si prolunghino per un mese, o forse più, e che la didattica a distanza diventi la nuova normalità: “Trovo grave che il neo ministro dell’Istruzione dica che la DAD andrà avanti anche dopo la fine dell’emergenza: questo è un progetto strategico di trasformazione del diritto alla scuola”.
Contro questa eventualità si scaglia anche la pasionaria della protesta anti-DAD a Cuneo, la professoressa Sara Masoero, che già dal 17 novembre al 20 dicembre scorso aveva portato avanti l’iniziativa delle lezioni a distanza sotto ai portici dei licei di corso Giolitti. Protesta che la docente è pronta a riprendere a partire da martedì: “Mi metterò nei punti strategici della città, non più davanti al liceo, in modo da essere più visibile, insieme agli studenti e le studentesse che vorranno partecipare”.