Egregio direttore,
chiedo ospitalità al Suo giornale per condividere con i lettori qualche riflessione perché l’anno che ci stiamo lasciando alle spalle è stato di fondamentale importanza per la sanità piemontese. Gli sforzi che la Giunta Chiamparino aveva avviato nell’estate del 2014 ed ha ora portato a termine con le operazioni di riorganizzazione della rete ospedaliera, la definizione della rete di assistenza territoriale ed il riequilibrio dei conti raggiunto dopo lunghi anni di disavanzo e mancanza di controlli, ci permettono finalmente di uscire da quel piano di rientro dal debito sanitario che dal 2010 ha vincolato ogni decisione ed ogni scelta.
La macchina della nostra sanità in Piemonte ha dimensioni imponenti, di cui spesso non si ha la corretta dimensione: 55.000 dipendenti pubblici, di cui 20.500 infermieri, 3.120 medici di Medicina generale, 430 pediatri di libera scelta, 8.600 medici specialisti più altri 1.800 convenzionati.
Cifre importanti, dietro alle quali operano professionisti capaci, in grado di dare vita a tante eccellenze anche di livello internazionale, così come di garantire cure e sicurezza 365 giorni all’anno nelle cure ordinarie.
Basti solo pensare che nell’ultima griglia che misura i Livelli essenziali di assistenza (LEA) stilata dal Ministero della Salute, il Piemonte è salito al secondo posto in Italia dietro alla Toscana: è dunque quella piemontese una sanità di qualità oltre che di grandi numeri, in grado di offrire servizi a 4 milioni e 600mila assistiti, il 25% dei quali affetti da malattie croniche e di fornire in un anno 66 milioni di prestazioni ed esami in ambito ospedaliero e ambulatoriale, una media di 15 pro capite.
Prestazioni a cui si aggiungono 20 milioni di prescrizioni specialistiche, 42 milioni di prescrizioni farmacologiche, 630mila ricoveri e 1 milione e 750mila passaggi in pronto soccorso.
E non voglio dimenticare il servizio 118, una grande altra eccellenza regionale, che si avvale di 500 infermieri, 240 medici oltre ai 20mila volontari che garantiscono la continuità del servizio 365 giorni all’anno, con 74 ambulanze, di cui 64 medicalizzate e 10 con infermiere a bordo: un vero e proprio “ospedale volante” per garantire interventi di emergenza in tutte le zone del Piemonte, soprattutto le più lontane dagli ospedali. Sono già 62 in tutto il Piemonte le aree attrezzate anche per il volo notturno degli elicotteri, messe a disposizione dai sindaci di altrettanti Comuni consapevoli che una base per il 118 è una grande risposta di salute.
Si tratta di risultati che non solo abbiamo confermato, ma abbiamo contribuito a migliorare e rafforzare nonostante le limitazioni imposte dal gravoso piano di rientro dal debito sanitario, che hanno pesato soprattutto sul blocco delle assunzioni di personale e sugli investimenti in edilizia sanitaria.
Dal 2017 però si volta pagina: ha inizio la “fase due” della sanità piemontese, quella della crescita.
Per la prima volta da molto tempo tornerà ad aumentare, di almeno 600 unità, l’organico del personale sanitario (medici, infermieri, operatori socio-sanitari e tecnici) e non solo a sostituire chi va in pensione.
Entro i primi mesi dell’anno presenterò un piano straordinario per smaltire le liste d’attesa per esami e visite specialistiche, che partirà insieme al nuovo CUP unico, il centralino per le prenotazioni telefoniche e on line valido in tutto il Piemonte e per tutte le strutture pubbliche e convenzionate.
Il 2017 sarà anche l’anno in cui verranno predisposti i bandi di gara per i due grandi poli ospedalieri e didattici che la sanità sta attendendo, il Parco della Salute di Torino e la Città della Salute di Novara, cioè gli atti più importanti di un programma da un miliardo di euro tra fondi pubblici e privati che prevede anche la realizzazione di nuovi ospedali a Trofarello (TO), a Verduno (CN), ad Ornavasso (VCO) ed il completamento del polo sanitario a Nizza Monferrato (AT).
Il rafforzamento della rete ospedaliera si accompagnerà poi a una vera rivoluzione per l’assistenza territoriale con la nascita delle Case della Salute, centri attrezzati e aperti 24 ore al giorno, nei quali saranno ospitati ambulatori, medici di famiglia, specialisti e infermieri, punti prelievi e servizi assistenziali.
L’obiettivo è di farli diventare il punto di riferimento per tutti i malati cronici e per i pazienti non gravi, lasciando agli ospedali il compito di occuparsi delle emergenze e delle prestazioni a grande specializzazione. E allo stesso tempo, riducendo il numero dei ricoveri ospedalieri impropri e i rischi di sovraffollamento nei pronto soccorso.
Mi piacerebbe che i sindaci dei tanti Comuni piemontesi comprendessero non solo lo sforzo per mantenere e migliorare il servizio sanitario regionale, ma riuscissero a ragionare con uno sguardo d’insieme che supera i confini locali per contribuire tutti insieme a difendere l’intero sistema: ora che abbiamo messo in sicurezza la sanità piemontese dal default dopo sei lunghi anni di commissariamento e piano di rientro, possiamo lavorare per la crescita.
Pensare o far credere ai cittadini che sia possibile smontare la programmazione regionale - che ha consentito al Piemonte di tornare ad essere considerato una Regione credibile nell’offerta sanitaria a livello nazionale - è profondamente sbagliato: non solo non rispetteremmo le normative nazionali del Patto per la salute volute dal ministro Lorenzin, ma torneremmo subito nel commissariamento nazionale.
Chi si impegna nella gestione della cosa pubblica sa bene come alcune scelte siano impopolari nel breve periodo, ma si rivelino poi indispensabili in un’ottica di prospettiva: la sanità in Piemonte dovrà sempre più poter coniugare l’assistenza ospedaliera improntata all’urgenza con una fitta rete di assistenza territoriale e domiciliare, attraverso la maturazione di una mentalità nuova e forse oggi non semplice da accettare.
Ma sono spesso gli stessi pazienti a dimostrarsi più pronti di noi amministratori nell’accettare le nuove modalità di cura e di assistenza, ma anche a scegliere dove farsi curare a seconda delle eccellenze e della specialità che caratterizzano la nostra rete sanitaria piemontese.
Le nuove figure degli infermieri di comunità, le forme di collaborazione tra medici di famiglia per offrire maggiore assistenza, la rete delle farmacie al servizio del territorio- senza dimenticare il concetto generale che ci ispira, ossia garantire la sicurezza delle prestazioni- sono alcune delle voci che insieme ai sindaci mi piacerebbe potenziare nelle zone meno centrali del nostro Piemonte per garantire cure accessibili a tutti in un’ottica di sostenibilità anche economica cui ogni amministratore non può non fare riferimento.
La Regione Piemonte apre con il 2017 la “fase due” della sanità: sono pronto a condividerla per poterla sviluppare al meglio!