In provincia di Cuneo operano oltre 700 aziende di bovini da latte, con più di 57.000 vacche in produzione. La “Granda” è l’area con il maggior numero di stalle sul territorio regionale. Per molti mesi del 2022, a causa dei notevoli rincari delle materie prime e dei costi energetici, gli allevatori, con i 39 centesimi al litro incassati, poi saliti a 41 e 44, non riuscivano a coprire le spese richieste dal mantenimento e dall’accoglienza degli animali. Come è adesso la situazione? Risponde Giovanni Cordero: responsabile tecnico della Cia per la macro-area di Cuneo. Dice: “Il prezzo è aumentato toccando, a seconda dei casi, nel mese di settembre, una forbice compresa tra i 51 e i 58 centesimi al litro. Un importo che indicativamente avrebbe coperto i costi se, però, nel frattempo, materie prime ed energia non fossero di nuovo rincarate”.
Qualcuno, però, è riuscito a tamponare la situazione? “Tanti allevatori sono corsi ai ripari ottimizzando le razioni di alimentazione degli animali. In quale modo? Attraverso un maggiore sfruttamento delle proprie produzioni in campo. Mentre prima acquistavano mangimi o materie prime all’esterno, nei mesi passati hanno iniziato a utilizzare molto di più le loro coltivazioni. E tutto ciò ha contribuito a ridurre i costi”. Ma non solo. “Chi si è dotato di impianti di energia alternativa anche in questo caso ha ottenuto dei discreti risparmi”.
Per cui? “Quanti sono riusciti a imboccare il nuovo cammino produttivo, in particolare a livello di alimentazione degli animali, stanno coprendo le spese perché sono toccati solo più in parte dai rincari. Le aziende che invece devono sempre acquistare sul mercato continuano a essere in forte affanno”.
Altri hanno percorso un’altra strada? “Purtroppo c’è stato chi ha deciso di ridurre il numero di capi allevati. Una scelta dolorosa, anche se forse non ottimale perché diminuisci i costi ma non hai un risparmio comunque proporzionato alla produzione complessiva, pur minore, di latte”.
Il rischio chiusura
Tante aziende del settore sono di dimensioni medio-piccole e a conduzione famigliare: per questo motivo rappresentano anche quelle a maggiore rischio chiusura. Nonostante, magari, i tanti investimenti effettuati in passato per restare competitive. Un dato fornito dalla Regione è significativo: nel 2012 gli allevamenti di bovini di latte in Piemonte erano 1.977, oggi sono 1.500. In dieci anni, il 25% degli imprenditori del comparto ha abbandonato l’attività.
Quest’ultima crisi ha riportato alla ribalta il problema? Risponde Cordero: “Al momento le aziende stanno resistendo, perché se chiudi poi non rientri sul mercato. Il problema maggiore e preoccupante è rappresentato dal ricambio generazionale, che nel settore non avviene più in quanto i figli dei titolari scelgono altre strade lavorative. In quel caso si è costretti a chiudere”.
Le prospettive future del comparto
Cordero: “In questo momento la zootecnia da latte soffre un poco di meno rispetto ad altri settori agricoli decisamente più penalizzati. Però i continui aumenti dei costi non rappresentano un segnale positivo. Per gli allevatori del comparto si tratta di un periodo di sopravvivenza nell’attesa che la prossima primavera porti notizie migliori. Ma nel complesso le prospettive sono piuttosto incerte”.