Era il 2013 quando un’azienda di pesche nettarine, nella frazione cuneese di Spinetta, “avvistava” per la prima volta in Piemonte un flagello che avrebbe segnato l’agricoltura nel decennio a venire: la cimice asiatica.
Fu interessato della cosa perfino il dipartimento statunitense dell’agricoltura, l’Usda, che aveva già avuto a che fare con il parassita, introdotto accidentalmente negli Stati Uniti nel 1998: “La prima risposta si apriva con un avviso in stampatello: be careful, it’s very dangerous” ricorda Lorenzo Martinengo, referente provinciale dei tecnici Coldiretti di Cuneo. La buona notizia è che dopo anni di devastazioni si vede una luce in fondo al tunnel. Merito di un minuscolo imenottero, già presente alle nostre latitudini. Si chiama Anastatus bifasciatus ed è il nemico più irriducibile della cimice marmorizzata o asiatica e di altri parassiti.
Essendo una specie autoctona, ha il vantaggio di non essere soggetto alle limitazioni normative che tuttora frenano un impiego ad ampio raggio della vespa samurai, altro grande antagonista della cimice. Tra i noccioleti dell’agriturismo Tetto Garrone di Roata Rossi, questa mattina, Coldiretti ha organizzato un rilascio dimostrativo. Un’occasione per fare il punto sullo stato della lotta biologica, dopo che nelle ultime tre settimane sono stati rilasciati 72mila insetti antagonisti nei campi e nei frutteti.
La premessa è che la cimice asiatica, come ben sanno gli agricoltori, ha rappresentato un’autentica catastrofe. “Dal 2016 - spiega Martinengo - parliamo di milioni di euro di danni: un tempo nella corilicoltura si stimava un 4% di colture rovinate al massimo, ora si arriva al 90%”. Le nocciole sono tra le più colpite, ma l’insetto è in grado di attaccare più di 200 specie vegetali ed è molto prolifico: “Non c’è differenza tra maschi e femmine, né tra l’esemplare giovane e quello adulto, che sviluppa le ali”. Si sono registrati danni ingenti, oltre che nel comparto della frutta a guscio, in quello cerealicolo, nella coltivazione di frutta (melo, pero, albicocco, susino, pesco) e di ortaggi, nelle piante ornamentali e nel settore forestale. Sono cimici che d’estate attaccano le colture, mentre in autunno e inverno vanno a svernare nelle case, provocando disagi anche alle popolazioni.
“La lotta chimica non è risolutiva, perché l’insetto si sposta molto veloce: abbiamo di fronte un vero e proprio ‘carro armato’” chiarisce ancora Martinengo. Per questo si è arrivati a sviluppare una lotta biologica che rappresenta la più estesa operazione di questo tipo a livello italiano. Grazie alla collaborazione tra la Disafa dell’università di Torino, il settore fitosanitario regionale e i tecnici di Coldiretti, con il finanziamento della Camera di Commercio di Cuneo, dal 2019 si è iniziato il rilascio dell’Anastatus bifasciatus: i comuni interessati all’inizio erano solo una decina, concentrati nell’alta Langa, terra della nocciola per eccellenza. Oggi sono 37 e le aziende coinvolte arrivano 76. Abbandonare gli insettidici è stata una scommessa, ma ha pagato: negli areali più colpiti, quelli dove anni fa la percentuale di danni causati dalle cimici aveva raggiunto il 90%, si è scesi fino al 4%, a livelli assimilabili a quelli pre-emergenza.
Il paradosso, spiega la professoressa Luciana Tavella del dipartimento di scienze agrarie di Torino, è che nel Paese di origine, la Cina, la cimice marmorata non causa problemi. Lì agiscono i suoi limitatori biologici, ma dal 2003 la legge italiana vieta di introdurre organismi esotici, perché se ne temono i contraccolpi negativi: “Nel 2019 la normativa si è sbloccata. Ora l’introduzione può essere consentita, se si attua un piano a livello nazionale e si dimostra con studi preventivi che la specie non causa problemi”. È quanto accaduto con la vespa samurai, che tuttavia non è soggetta alla libera vendita: “L’Anastatus è già presente, lo scopo è aumentarne la presenza in tempi e nei luoghi in cui ce n’è più bisogno” dice Stefano Foschi, supervisor della CBC Biogard, ovvero l’unica biofabbrica italiana che “produce” questi insetti.
“Si fatica a proporre un parassitoide alla singola azienda - continua - se appare come una goccia nel mare: con altri insetti lo facevamo, ma lavorare sulle aziende, nel caso della cimice asiatica, sarebbe quasi uno spreco di soldi. Coldiretti ha il merito di aver costruito un progetto ampio a livello territoriale. Il problema, però, riguarda anche altre cimici e altre zone, molto più indietro di Cuneo nel contrasto”.