In Italia il 29,4% delle famiglie non si fida a bere l’acqua del rubinetto. I Comuni senza un servizio pubblico di depurazione delle acque reflue sono 296, vi risiedono circa 1 milione e 300 mila persone. Nel biennio 2020-2022 sono stati 718,8 i millimetri di precipitazione totale annua registrata in media nei capoluoghi di regione e città metropolitana, -74,8 mm rispetto al valore medio 2006-2015. Sono alcuni dei dati resi noti ieri, martedì 21 marzo, dall’Istat, che ha pubblicato le sue statistiche sulla risorsa idrica, relative come detto al biennio 2020-2022, in occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua che si celebra oggi.
Il volume di acqua per uso potabile prelevato per impieghi domestici, pubblici, commerciali, artigianali, industriali e agricoli che rientrano nella rete comunale è di 9,19 miliardi di metri cubi nel 2020. Il prelievo giornaliero è di 25,1 milioni di metri cubi, pari a 422 litri per abitante. Nonostante la riduzione dello 0,4% rispetto al 2018, che prosegue la modesta contrazione dei volumi prelevati già rilevata nella precedente analisi, l’Italia si conferma, ormai da più di un ventennio, al primo posto tra i paesi Ue per la quantità, in valore assoluto, di acqua dolce prelevata per uso potabile dalle diverse fonti di approvvigionamento. In termini pro capite, l’Italia (155 metri cubi annui per abitante) si colloca in seconda posizione, preceduta solo dalla Grecia (158) e seguita a netta distanza da Bulgaria (118) e Croazia (113).
Un tema centrale nell’attuale dibattito relativo alla carenza idrica è quello che riguarda le perdite lungo la rete di distribuzione dell’acqua, ancora decisamente consistenti. Si legge nel rapporto Istat: “Nel 2020 il volume delle perdite idriche totali nella fase di distribuzione dell’acqua, calcolato come differenza tra i volumi immessi in rete e i volumi erogati, è pari a 3,4 miliardi di metri cubi, il 42,2% dell’acqua immessa in rete. In riferimento all’acqua prelevata dalle fonti di approvvigionamento, le perdite idriche totali in distribuzione rappresentano una quota pari al 37,2%. Le perdite rappresentano uno dei principali problemi per una gestione efficiente e sostenibile dei sistemi di approvvigionamento idrico e, benché molti gestori del servizio idrico abbiano avviato iniziative per garantire una maggiore capacità di misurazione dei consumi, la quantità di acqua dispersa in rete continua a rappresentare un volume cospicuo, quantificabile in 157 litri al giorno per abitante. Stimando un consumo pro capite pari alla media nazionale, il volume di acqua disperso nel 2020 soddisferebbe le esigenze idriche di oltre 43 milioni di persone per un intero anno”. In questa speciale “classifica”, le perdite maggiori si registrano nelle regioni del sud, con la Basilicata all’ultimo posto con perdite idriche lungo la rete al 62,1%. Le perdite minori (23,9%) si registrano in Valle d’Aosta. Il Piemonte si piazza all’ottavo posto con perdite che si aggirano tra il 35 e il 40%.
Secondo l’Istat più della metà dei comuni italiani (57,3%) ha perdite idriche totali in distribuzione uguali o superiori al 35% dei volumi immessi in rete. Perdite ingenti, pari ad almeno il 55%, interessano il 25,5% dei comuni. In meno di un comune su quattro (23,8%) le perdite sono inferiori al 25%.
Sono inoltre in aumento i prelievi di acque minerali naturali. Nel 2020 i prelievi nazionali a fini di produzione hanno raggiunto quasi 19,8 milioni di metri cubi (+3,6% rispetto al 2019). A partire dal 2015 (primo anno rilevato dall’Istat) si registra una tendenza all’aumento delle estrazioni complessive, con un tasso medio annuo di crescita del +4,1%. Sono 173 i comuni che nel proprio territorio hanno almeno un’attività di prelievo di acque minerali, in presenza di 297 concessioni minerarie vigenti nel paese, rilasciate dalle istituzioni pubbliche locali. Le estrazioni si concentrano per oltre la metà del totale nazionale al Nord (53,5%, circa 10,6 milioni di metri cubi, di cui 7,2 nel Nord-ovest) e al Sud (23%). In testa la Lombardia con circa 3,6 milioni di metri cubi prelevati, seguita dal Piemonte (3,3), regioni che insieme contano il 34,8% dei prelievi nazionali. Molto rappresentative Veneto (2,5 milioni di metri cubi), Campania (2) e Umbria (quasi 1,3). L’indicatore Intensità di estrazione (IE), dato dal rapporto fra i volumi estratti e la relativa superficie territoriale, a livello nazionale raggiunge i 65 metri cubi estratti per chilometro quadrato (+3,6% rispetto al 2019). L’indicatore registra il valore più alto per l’area Nord-ovest (125 metri cubi/km2 ), pari quasi al doppio di quello nazionale, soprattutto per la significativa intensità di estrazione in Lombardia (151) e Piemonte (129), mentre segna il valore minimo (28 metri cubi/km2) per le isole.