Pubblicato in origine sul numero del 14 aprile 2022 del settimanale Cuneodice: ogni giovedì in edicola
C’è un ambito poco considerato quando si parla di incidenti sul lavoro. Riguarda i cosiddetti infortuni “in itinere”, quelli cioè che avvengono nel tempo impiegato per andare o tornare dal posto di lavoro. Qui il tema della sicurezza si intreccia a quello, dolentissimo per la provincia Granda, della mancanza di collegamenti adeguati. Ne è convinto Davide Masera, segretario provinciale della Cgil di Cuneo: “Su 31 morti sul lavoro censiti dall’Inail nell’ultimo anno, ben 9 sono avvenuti ‘in itinere’. In questa provincia nei decenni sono state fatte scelte politiche, si è scelto di non realizzare infrastrutture importanti e anzi di chiudere le linee ferroviarie che c’erano come la Saluzzo-Cuneo, la Saluzzo-Savigliano, la Cuneo-Mondovì”.
Il mondo sindacale non ha dubbi sul fatto che esista un “caso Cuneo” in tema di sicurezza. Una questione culturale, anzitutto: “Nella Granda esiste un’emergenza: basti pensare che gli occupati sono un quarto di quelli della provincia di Torino ma le vittime poche di meno [22 contro 35, senza contare gli infortuni in itinere, ndr]. In agricoltura spesso muoiono lavoratori autonomi e anche nelle imprese si muore di più dove non è presente il sindacato”. Colpa della scarsità di controlli? “Di sicuro manca personale sia allo Spresal che all’Ispettorato del Lavoro. Ma i controlli devono essere fatti in modo intelligente, non serve fissarsi sugli aspetti burocratici. Bisogna spiegare dove sono i rischi reali, quali sono gli errori che si potrebbero evitare”.
Oltre alla tradizionale frammentazione del tessuto imprenditoriale, in questi anni sta incidendo la crisi: “Un problema riguarda il modo in cui vengono realizzati gli appalti, in particolare la scelta di non escludere il massimo ribasso”.