Su manovra economica bis e annesso pacchetto fiscale "si è persa una nuova preziosa occasione per ristabilire un clima di certezze di diritto con riferimento non solo alle prossime scadenze fiscali ma anche ai periodi e agli esercizi d'impresa già archiviati. Come a più riprese abbiamo avuto modo di argomentare, la questione sollevata dal sistema delle imprese operanti in territorio italiano attiene, oltre che al livello di imposizione fiscale, al carattere non univoco delle disposizioni amministrative, burocratiche e tributarie, che finiscono con lo stravolgere piani e programmi aziendali già acquisiti in base a regole preesistenti improvvisamente modificate". A dichiararlo, in ragione dei contenuti racchiusi nel testo definitivo della manovra di primavera-estate ora legge definitiva dello Stato, sono le Pmi che aderiscono al sistema Confapi della Granda, con il Presidente provinciale Pierantonio Invernizzi.
Ultimo "casus belli" in ordine di tempo è l'acconto che le imprese di capitali devono versare quest'anno in due rate (di cui la prima scaduta a giugno) per ottemperare all'Ires, l'imposta sul reddito delle società che - attraverso un particolare meccanismo chiamato Ace (Aiuto alla crescita economica) - viene ridotta a beneficio di quelle aziende orientate a crescere aumentando il capitale proprio e il patrimonio netto senza ricorrere a indebitamento bancario. Un premio, insomma, per chi aumenta il capitale di rischio evitando i costi economico-finanziari dei classici affidamenti creditizi, secondo una disposizione in vigore dal 2011.
"Prima in sede di decreto legge si è cercato di cancellare il riferimento al 2010 come esercizio da prendere a base di calcolo per ogni successivo aumento di capitale proprio, poi la legge finale di conversione ha cercato di porre rimedio mantenendo questo parametro temporale ma riducendo la percentuale per il conteggio del rendimento da portare a sottrazione del reddito imponibile e quindi dell'imposta Ires sulle società - prosegue il Dirigente di categoria - Ci si deve decidere: non si può prima penalizzare l'indebitamento bancario a favore della capitalizzazione e poi colpire in contropiede i piani aziendali che puntavano su quest’ultima. La legislazione ha sostenuto, negli ultimi anni, la tendenza alla costituzione delle società di capitali e il tessuto economico anche individuale e familiare, compresi il Piemonte e la Granda, si è dimostrato ricettivo. È però necessario che anche le politiche fiscali seguano la stessa coerenza, e proprio per questo - conclude Invernizzi - si conferma una volta di più attuale la nostra proposta di istituire un interpello fiscale a misura di Pmi, ossia un patto preventivo fra Imprenditore ed Erario da un minimo di cinque a un massimo di dieci anni".
Del resto parlano le statistiche di Istat e Ministero delle Finanze: "Nel periodo di prima applicazione del beneficio, in un contesto di stabilità delle basi di calcolo, l'Ace ha conquistato l'interesse crescente delle imprese capitalizzate, salite negli anni a un totale di quasi 300.000 in Italia di cui quasi 20.000 in Piemonte, e di esse un quarto del totale che ha attivato il beneficio è formato da imprese industriali in senso stretto, le stesse che poi creano l'indotto. Auspichiamo che la ripresa globale timidamente in atto trovi nelle prossime politiche fiscali, e nei correttivi che richiederemo, dei fondamentali alleati sul mercato interno".