Il presidente generale del Club Alpino Italiano
Antonio Montani ha risposto alla lettera di
Marco Bassino, gestore del Rifugio “Emilio Questa” in alta valle Gesso. Bassino si era rivolto la scorsa settimana allo stesso Montani, lamentando comportamenti e richieste inopportuni da parte di alcuni soci CAI ospiti della sua struttura: “I rifugi non sono alberghi”, questo l’eloquente titolo della lettera (
QUI il testo completo). Riportiamo di seguito la
replica di Montani.
Buongiorno Signor Bassino,
solo dieci giorni fa ero al passo Sella con i presidenti del DAV (Club alpino tedesco), AVS (Club alpino Alto Adige) e il direttore dell'OAV (Club alpino austriaco), in totale oltre due milioni e mezzo di soci, per una conferenza stampa molto partecipata in cui abbiamo chiesto rispetto per la montagna e il suo ambiente, contro il sovraffollamento e contro nuovi impianti di risalita. Nel mio intervento (disponibile sui social) ho proprio parlato di rifugi, di come si debba fermare una politica di "sostituzione edilizia" che mira con forti investimenti pubblici a demolire i vecchi rifugi e realizzarne di nuovi, super confortevoli e super tecnologici.
La montagna ha bisogno di manutenzione costante e diffusa, non di nuove infrastrutture o strutture. Lo spirito del CAI va in questa direzione: basti pensare che tutti i soci si autotassano, poiché una parte della quota sociale, che ammonta in totale a circa 800 mila euro all'anno, viene distribuita per gli interventi di manutenzione, con un massimale di 60 mila euro a struttura. Purtroppo una goccia nell'oceano rispetto alle esigenze. Nel CAI chi fa il suo mestiere è ancora chiamato "il Custode del rifugio" proprio per quello spirito lontano dall'albergo o, peggio ancora, del ristorante in quota. Il Custode custodisce la struttura e lo spirito che in essa è insito, custodisce l'amore per la montagna. Degli oltre 350 rifugi del CAI più di 40 sono autogestiti dai nostri volontari che si organizzano per turni, in quanto molti di quei rifugi non sono economicamente sostenibili.
In conclusione, non posso certo negare che qualche nostro socio o qualche nostro organizzatore abbia comportamenti non adeguati: come potrei, con un'associazione di oltre 335 mila soci? Ma quello che noi cerchiamo di insegnare, con i nostri corsi e anche semplicemente con le nostre escursioni, è proprio l'amore per la montagna che chiede rispetto. Mi consenta di chiedere lo stesso rispetto per tutti quei soci del CAI che offrono gratuitamente il loro tempo per portare avanti questi valori, chiedendole di non fare sbagliate generalizzazioni.
Antonio Montani
Presidente generale CAI