CUNEO - "È necessario un progetto per i piccoli Comuni"

Riceviamo e pubblichiamo la lettera al direttore dell'ex consigliere provinciale Paolo Chiarenza

09/08/2021 09:07

Riceviamo e pubblichiamo.
 
Egregio Direttore,
l’on. Monica Ciaburro di Fratelli d’Italia, sindaco di Argentera, ha riproposto alla Camera la situazione di difficoltà, a volte anche drammatica, dei piccoli Comuni. Il grave problema delle scarse risorse finanziarie e demografiche, che di fatto impongono di immolare i piccoli Comuni in nome dell’efficientismo e del risparmio, non può però essere disgiunto dalla mancanza di un progetto politico per la loro sopravvivenza.
 
La prima radicale riforma delle circoscrizioni comunali fu fatta con il R.D. 17 marzo 1927, in base ad un perentorio invito alle Prefetture e alle Deputazioni provinciali ad iniziare un attento esame delle situazioni locali ed “una obiettiva valutazione di quelle circostanze che consentano la formulazione di proposte intese al raggruppamento di centri di lieve entità in altri limitrofi di notevole importanza”. Numerosi Comuni piccoli e grandi vennero accorpati, portandoli a 7.861 , che sono poi diventati 8.035 nel 1951. In provincia di Cuneo, tra il 1928 e il 1934, dei 263 Comuni quali erano, ne vennero accorpati 58.
 
Dopo decenni la questione dell’accorpamento dei piccoli Comuni è stata ripresa a metà degli anni 1980, ma il dibattito politico si è trascinato sui modi e sui tempi, alla vana ricerca della “dimensione territoriale ottimale”. Ad oggi, in provincia di Cuneo i Comuni sono 248, dei quali 20 con meno di 100 abitanti e 33 fra i 100 e i 250.
 
L’accorpamento non va visto tanto nell’ottica di risparmiare soldi e soprattutto di ricevere incentivi (contributi che dopo alcuni anni cessano), ma nella visione progettuale dir azionalizzare, migliorare, fornire ulteriori servizi ai cittadini con interventi omogenei e renderne economica la gestione. I servizi comunali, come le strade, non vanno visti solo come investimenti a favore dei cittadini del Comune, ma per fare vivere e trattenere i cittadini nel Comune, altrimenti si spostano altrove, in Comuni più vivibili e più attrezzati. Non si tratta di difendere ad oltranza il campanile, ma di tutelarne l’autonomia, altrimenti non c’è più amministrazione comunale. Bisogna avvertire che, specialmente nelle zone montane, la sopravvivenza di una sede municipale – in cui si vagliano e si discutono i problemi del luogo – rappresenta insieme alla chiesa parrocchiale l’ultimo elemento di coagulo di collettività umane che altrimenti si spegnerebbero, compromettendo la salvaguardia del territorio.
 
Purtroppo, chi governa questo Stato non manifesta alcun progetto in termini politici, storici e culturali per il futuro dei piccoli Comuni e delle loro comunità.
 
Distintamente.
 
Paolo Chiarenza

c.s.

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