Riceviamo e pubblichiamo.
Gentile direttore,
il taglio dei parlamentari viene sbandierato da molti come un grande successo di moralizzazione e di efficienza da parte della casta politica, quella che si è sempre più imposta dopo il crollo della Prima Repubblica (che era predominata dai partiti) , tanto per intenderci.
Questa riforma potrebbe avere senso innovativo se manifestasse la volontà di condurre poi ad un sistema presidenziale (un potere unitario e decisionale come hanno altri Stati moderni), e alla modifica della rappresentatività e delle competenze del Senato (attualmente doppione della Camera), mediante l’inserimento del mondo del lavoro, della produzione e delle arti. Gli italiani sono coscienti che il sistema democratico ha dei costi, ma quello che non accettano sono gli sprechi e le inefficienze spropositate, le incompetenze e l’insussistenza di parlamentari senza arte né parte, che se anche diminuiscono non mutano le cose.
Guardando ai politici cuneesi la ministra dei 5 Stelle Fabiana Dadone, non intende la necessità di un cambiamento sostanziale e arriva ad affermare pubblicamente: “Con un Senato espressione delle Regioni o delle autonomie resterebbe solo la Camera bassa a svolgere la funzione di rappresentare i cittadini” e completa il suo pensiero di ministro della P.A.:”Le due Camere, meno pletoriche, lavoreranno meglio. I parlamentari saranno necessariamente frutto di una maggiore selezione, più riconoscibili dagli elettori”.
Noi replichiamo che al Senato devono andare i rappresentanti delle categorie, dei cosiddetti corpi intermedi, del volontariato. I cittadini vogliono scegliere direttamente i loro rappresentanti mediante il democratico voto di preferenza. Sia chiaro, andare a votare per il referendum va bene, ma non basta. Non ci prendano in giro buttandoci del fumo negli occhi!
Paolo Chiarenza – Guido Giordana – Luca Ferracciolo – Maurizio Occelli