Il grido di dolore della montagna arriva in città. Alcune decine di imprenditori del turismo e della ristorazione si sono radunati stamani nel centro di Cuneo, tra via Roma e piazza Galimberti, per protestare contro le limitazioni prolungate che nelle valli alpine mettono in difficoltà numerose attività economiche.
Dopo mesi di divieti e con una stagione sciistica ormai compromessa dall’ultimo rinvio-beffa imposto dal governo ai gestori degli impianti, il mondo del lavoro fa i conti con i risvolti sociali della pandemia. “Bloccare la montagna è un problema serio perché si ripercuote su tutta l’economia di valle” sostiene Silvio Bessone, cioccolatiere di Vicoforte: “Gli imprenditori vengono considerati oggi come i cani in chiesa. Ciò che preoccupa di più è che il passo non sembra essere cambiato: benché si possa avere grande fiducia nel presidente del Consiglio sono poi le azioni che fanno la differenza. Basta guardare le serrande chiuse e le insegne spente, questo è solo l’anticipo di ciò che ci sarà in primavera”.
I ristori? “Poco più che mancette per i bambini” replica l’imprenditore: “Il lavoro che non si è messo in moto nelle montagne non si riverserà sulla valle, che da decenni usufruiva dei benefici dell’economia di montagna. È un intero territorio che rischia davvero di essere messo in ginocchio in una provincia come quella di Cuneo, la prima in Italia per numero di partite Iva in rapporto alla popolazione. Se franiamo noi non ci saranno ristori e tutele che tengano per recuperare l’economia”.
“Il governo si sta muovendo in modo sbagliato nei nostri confronti. Non si possono più dare notizie sei ore prima dell’apertura” fa eco il manager della ristorazione Francesco Liboà, tra i primi organizzatori della protesta attraverso la pagina Facebook Circus Radio Libera. Una protesta che, spiega, non guarda ai ristori ma alla possibilità di lavorare in sicurezza: “Non vogliamo più sentir parlare di ristori, chiediamo la libertà di poter lavorare. Il Covid c’è e bisogna rispettare tutte le direttive ma dobbiamo tenere aperto: chiediamo alla politica di dirci cosa faremo non da un giorno all’altro ma di qui a un anno”.