La provincia di Cuneo ha una disoccupazione al 3,7% e un tasso di occupazione al 70,3%. Sono dati migliori di tutto il Piemonte e tra i migliori d’Italia. Gli occupati in provincia sono 263 mila. I lavoratori assunti nel 2022 con una forma di lavoro precario sono però 132.145, pari al 50,24 % degli occupati, che si aggiungono a chi precario già era. Considerando anche il dato medio dei disoccupati in disponibilità al lavoro che hanno firmato il patto presso i centri per l’impiego, che sono 25.228, il numero degli occupati precari e quelli in attesa di occupazione (quindi quelli nel circuito del mercato del lavoro con contratto precario in aggiunta a chi desidera lavorare, ma per ora non ne ha l’opportunità), sono 157.373. Ciò significa che il 59,83% delle persone inserite nel mercato del lavoro in Piemonte vive una situazione di precarietà o di disoccupazione, pur in una provincia tra le più ricche d’Italia, dove il tasso di disoccupazione è basso e la disponibilità a lavorare alta.
I dati più rilevanti della precarietà sono individuabili nei contratti a termine (77 mila assunzioni nel 2022), nel part time (24.884 contratti, prevalentemente involontari e stipulati con donne), nella somministrazione (20 mila occupati la stragrande maggioranza a termine). A questi lavoratori vanno poi aggiunti forme contrattuali ancora più precarie come i 2.805 contratti parasubordinati, i 4.027 tirocini, che non sono contratti di lavoro ma spesso e volentieri sono impiegati come tali per 600 euro al mese, i 3.300 lavoratori domestici, i 9.313 lavoratori intermittenti o come si suol dire “a chiamata”.
I dati sono stati diffusi in un comunicato stampa dalla Nidil Cgil. Commenta Sophia Livingstone, segretaria provinciale del sindacato: “Questi dati mostrano due cose: oltre il 50% di occupati non ha una certezza di reddito per il futuro, vive in un'ansia e preoccupazione per il domani; in una delle province più ricche d’Italia, con un reddito pro-capite superiore ai 33 mila euro, il problema del salario povero o comunque nettamente insufficiente per una vita dignitosa è presente in maniera marcata. Si pensi ai contratti a part time (circa 25 mila) in gran parte forzosi, agli oltre 9 mila lavoratori a chiamata, ai 3 mila lavoratori domestici. Per tutta questa platea il lavoro è ridotto, il reddito insufficiente a prescindere dal contratto applicato. Non parliamo poi di chi ha un tirocinio o un lavoro socialmente utile, con indennità mensile di 600 euro. La platea poi dei parasubordinati (circa 3 mila avviamenti alla professione nel 2022) inquadrati come lavoratori autonomi, ma spesso dipendenti mascherati, nonostante la loro professionalità, non raggiungono redditi adeguati, a meno che non svolgano più contratti contemporaneamente, ed il loro welfare è totalmente carente. Infine anche i lavoratori somministrati (20 mila assunzioni nel 2022) che la legge tutelerebbe di più, nei fatti sono assunti per la stragrande maggioranza con lavoro a termine e anche quando indeterminati i dati ci dimostrano che vengono nella stragrande maggioranza licenziati. Dulcis in fundo, anche in questa provincia sono presenti i contratti pirata, che minano il reddito dei lavoratori a tutto vantaggio dei profitti delle imprese, oltre alla presenza anche a Cuneo di lavoro nero e grigio. Cuneo è una provincia ricca, ma non per tutti. Certo non per gli oltre 25 mila disponibili a lavorare ma che non trovano impiego, né per i circa 132 mila precari (complessivamente oltre il 60% degli occupati in provincia), nè per chi non è tutelato da un contratto di lavoro dignitoso”.
“Grazie all'azione sindacale - prosegue Livingstone - negli ultimi diciotto mesi sulla provincia di Cuneo abbiamo conquistato oltre 300 assunzioni stabili di lavoratori che erano ingiustamente tenuti precari. Inoltre abbiamo recuperato per i lavoratori precari non correttamente retribuiti, oltre 200 mila euro di retribuzioni mancanti ed i corretti livelli di inquadramento professionale per coloro che ne avevano diritto. I posti di lavoro recuperati ed i soldi recuperati potrebbero essere molti di più se più lavoratori si rivolgessero al sindacato. Le aziende più ragionevoli, quando colte in fallo, fanno accordi con il sindacato per assunzioni, a tempo indeterminato presso di loro, restituzione dei salari non erogati, riconoscimento dei corretti livelli professionali. Le aziende che invece, pur essendo state colte in fallo, rifiutano in modo spudorato la trattativa sindacale ci costringono a denunciarle ad Ispettorato del lavoro, Inps, Inail, Spresal e ad attivare ricorsi in Tribunale per ottenere la tutela piena dei lavoratori, pagando così anche le sanzioni del caso. In questo momento abbiamo diverse vertenze in corso con aziende importanti del nostro territorio e in un modo o nell'altro il risultato positivo per i lavoratori ci sarà perchè andremo avanti fino al raggiungimento del risultato finale”.
Spiega ancora la segretaria provinciale Nidil Cgil: “C’è finalmente una forte e consapevole reazione dei lavoratori alla condizione di precarietà e sfruttamento, c'è la volontà dei precari di organizzarsi sindacalmente iscrivendosi al sindacato e rivendicando con vertenze collettive e individuali assunzioni a tempo indeterminato dirette, riconoscimento della professionalità e recupero del salario arretrato ingiustamente non corrisposto a suo tempo perchè i lavoratori hanno compreso che esiste una strategia indebita di ‘risparmio’ aziendale che si consuma sulle spalle dei precari che va combattuta. Voglio ricordare che tra i lavoratori a partita IVA individuale abbiamo la percentuale più alta di lavoratori altamente qualificati, lavoratori che hanno investito molte risorse economiche e personali per raggiungere alti livelli di formazione ma che nel MDL di oggi vengono sfruttati e sottopagati, perchè solo i ‘gettonisti’ pagati dal sistema sanitario realizzano compensi superiori ai pari livelli non precari perchè negli altri settori i lavoratori a partita Iva individuale spesso si sentono costretti a scappare all'estero per vedersi valorizzati adeguatamente, la fuga dei cervelli impoverisce il paese. Solo nel 2022 sono state aperte circa 3 mila nuove posizioni di lavoro parasubordinato (partite Iva individuali, collaboratori, lavoratori occasionali, ecc) che sono in forte aumento rispetto agli anni precedenti questo non perchè le imprese si avvalgano in maniera saltuaria di professionisti ma per mascherare veri e propri rapporti di lavoro subordinato evitando gli oneri che ne derivano che sono quasi tutti a carico del lavoratore. Infatti sono questi ultimi che pagano le spese fiscali di imposte e gli oneri previdenziali sul fatturato annuale alla singola azienda, senza quindi accumulare nè ferie, nè avere accesso a malattia o infortunio o ad alcun permesso pagato, proprio perché il loro inquadramento risulta come liberi professionisti anche se è l'azienda che decide orari e modalità di lavoro. In conclusione, si tratta di un rapporto di lavoro scorretto e sanzionabile. Le leggi che continuano a consentire questa condizione vanno modificate e lo sfruttamento va abolito per queste ragioni la CGIL va in piazza a Roma sabato 7 ottobre con oltre cento associazioni che insieme rivendicano giustizia sociale, democrazia, rispetto della Costituzione, che tra le altre cose prevede il diritto al lavoro e ad un salario dignitoso. Questa manifestazione importantissima per tutti i lavoratori, i pensionati ed i disoccupati ha un valore e un'importanza ancora maggiore per tutti i precari. Infatti oltre a quanto sopra detto si rivendica uno statuto dei diritti dei lavoratori che serva per tutti, anche per i parasubordinati per e le fasce più deboli del mondo del lavoro. Per questo da Cuneo partirà una folta delegazione anche di lavoratori precari organizzata da Nidil Cgil”.