L’atmosfera calda e accogliente del Teatro Marenco di Ceva, ha fatto da splendida cornice venerdì 20 aprile a “Pascolo ergo sum”, l’ultimo Appuntamento Azzoaglio organizzato dal Banco Azzoaglio in collaborazione con le associazioni Slow Food ed Amici della Tanaria. Com’era prevedibile, protagonista indiscusso di una serata molto ricca di spunti e di contenuti è stato Carlo Petrini, personaggio di calibro internazionale che non ha certo bisogno di presentazioni, la cui scelta di intervenire all’evento cebano ha fatto onore all’intera comunità, sottolineando il valore delle esperienze di economia locale raccontate nel corso dell’incontro.
A rivolgere al pubblico un saluto di benvenuto è stata Erica Azzoaglio, amministratrice dell’omonimo Banco che ha organizzato l’evento. Oltre a ringraziare il Teatro Marenco, storica istituzione cittadina, per l’ospitalità, ha evidenziato la soddisfazione di poter accogliere ospiti così illustri, tanto che ha ricordato come un noto giornale inglese, “The Guardian”, anni fa avesse parlato di Carlo Petrini come di “uno dei 50 uomini che poteva salvare il pianeta”.
Sono state le testimonianze dei quattro piccoli produttori di formaggio locali intervistati da Pietro Contegiacomo, presidente dell’associazione Amici della Tanaria, a creare le premesse per l’intervento irruente e appassionato del fondatore di Slow Food, che ha prima fotografato con crudo realismo la realtà economica globale, definendo senza mezzi termini come criminale l’attuale sistema alimentare, quindi ha delineato chiaramente le strade che si possono percorrere per provare a capovolgere la situazione e sperare di dare un futuro alle nostre vite ed al nostro pianeta. Il delegato confederale Coldiretti Bruno Rivarossa ha definito “eroica” l’esperienza dei quattro produttori, ed ha tracciato un quadro economico dello scenario agro-ambientale del territorio cebano.
La visione di Carlo Petrini, particolarmente illuminante e credibile perché avvalorata dalla sua personale testimonianza, è fatta di coraggiose e scomode prese di posizione pubbliche e di atteggiamenti quotidiani controcorrente anche minimi, come la scelta di non bere l’acqua dalla bottiglietta di plastica appoggiata sul tavolo dei relatori durante l’incontro.
Tornando al cuore del suo discorso, dopo aver denunciato a chiare note le conseguenze negative di un’economia che uccide (terreni sempre meno fertili, acqua sempre più carente, aumento della siccità, crescita dell’inquinamento, fine della biodiversità, spreco alimentare alle stelle, etc.), Petrini ha evitato la trappola di una visione populista affermando chiaramente che l’unico cambiamento possibile è quello che parte da noi stessi, dalle nostre scelte personali quotidiane, facendo attenzione a non cadere nel pietismo nei confronti di quei poveracci che provano ancora a fare gli agricoltori. Ovvero, fino a quando non ci convinciamo che l’unica salvezza è investire nell’economia locale, passando da una logica di cibo legato al prezzo a quella del suo valore, diventando soggetti attivi del cambiamento, trasformandoci da consumatori a coproduttori, non riusciremo mai a innescare un vero cambiamento e l’economia dell’accumulo portata dall’industria l’avrà sempre vinta. Solo quando i buoni comportamenti individuali diventeranno virali, allora si potrà pensare di cambiare l’attuale sistema economico.
“Sono naturalmente soddisfatto del grande successo dell’incontro e particolarmente contento di essere stato in grado di spiegare a Petrini quale fosse il tema della serata e la finalità che è il cuore dell’associazione, tanto da convincerlo ad accettare il nostro invito – ha commentato Pietro Contegiacomo, presidente dell’associazione Amici della Tanaria -. L’aspetto turistico è indubbiamente interessante, ma può prosperare solo mantenendo le Comunità che vivono in modo onorevole i territori e ne sono custodi e manutentori. Anna Castagnino, da Ormea, il sabato mattina seguente alla serata mi ha mandato le immagini della nascita di una nuova vitellina. Il libro genealogico richiedeva la c…Carlo c’è già e poi è una femmina. L’abbiamo battezzata Comunità”.