Nella “Granda”, come è andata la stagione produttiva 2022 per la frutta fresca? E quali sono le prospettive per l’annata 2023? Lo abbiamo chiesto a Maurizio Ribotta: responsabile provinciale della consulenza tecnica in campo di Cia Cuneo. Dice: “L’annata 2022 dal punto di vista commerciale non si è conclusa, perché non c’è ancora stata la liquidazione ai produttori della campagna delle mele e dei kiwi. Però è stata caratterizzata da due aspetti. Il cambiamento climatico che ha portato la siccità e le alte temperature. La mancanza di acqua ha pesato di meno, in quanto i frutticoltori si sono attrezzati con dei sistemi di irrigazione capaci di sopperire in buona parte alle difficoltà. Invece, le alte temperature hanno inciso profondamente mettendo a dura prova lo stato fisiologico delle piante”. Un bilancio delle quantità e della qualità? “Le produzioni sono state tendenzialmente inferiori dal punto di vista quantitativo rispetto ai livelli standard di una stagione “normale”. La qualità si può definire molto buona”.
Il secondo problema dell’annata? “È rappresentato dai mercati e dall’eccessivo aumento dei costi. Abbiamo continue segnalazioni negative che, se confermate, porterebbero a liquidazioni ai produttori, su alcune referenze tipo mele e susine, ben al di sotto dei costi sostenuti. C’è molta preoccupazione tra gli imprenditori del settore. Con l’aumento delle spese per l’energia e dell’inflazione tutti gli anelli della filiera hanno avuto rilevanti difficoltà da affrontare”.
Quindi, a questo punto, quali possono essere le prospettive per il 2023? “L’inverno in corso propone di nuovo poche precipitazioni. Una situazione che mantiene alta l’attenzione sulla probabile mancanza di acqua la prossima estate. Se questo problema fosse accompagnato di nuovo dalle temperature alte si ripresenterebbero le criticità dello scorso anno. Saranno necessari dei ragionamenti sul come impostare le produzioni condizionate dal cambiamento climatico e individuare le tecniche agronomiche e di nutrizione delle piante capaci di mitigarlo”.
E, poi, sempre i mercati? “Certamente. Al momento rappresentano un’incognita. Cia è molto preoccupata per la situazione. Numerose aziende frutticole non sono più in grado di sostenere queste condizioni e se continueranno ad aumentare i costi legati all’inflazione, come purtroppo è presumibile, si rischia il collasso di questo importante comparto produttivo che in Piemonte conta 18.000 ettari coltivati”.