Gli allevatori piemontesi sono estremamente preoccupati per la diffusione della peste suina africana. Confagricoltura ritiene "manifestamente insufficienti" i risultati finora conseguiti per il contrasto dell'emergenza.
“Sono ormai trascorsi quasi cinque mesi dal ritrovamento del primo cinghiale infetto nell’Ovadese - dichiara Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonte - e a tutt'oggi non è ancora approvato il piano per l’eradicazione della malattia. Ieri abbiamo appreso ufficialmente dalla Regione che l'attività di depopolamento dei cinghiali procede con estrema lentezza e, in alcuni territori, non è ancora neanche iniziata”.
In Piemonte - ricorda Confagricoltura - sono attive circa 1.400 aziende che allevano 1,4 milioni di capi suini e a livello nazionale la produzione piemontese rappresenta il 9% del totale. Il fatturato dell'industria italiana dei salumi è di oltre 8 miliardi di euro e rappresenta il 5,6% del totale dell'industria agroalimentare.
Si tratta - evidenzia Confagricoltura - di un patrimonio di straordinario valore produttivo e commerciale che, nella malaugurata ipotesi in cui l'epidemia di peste suina dovesse allargarsi e diventare endemica, verrebbe distrutto. “Già oggi nostre imprese sono in forte difficoltà a trovare acquirenti disponibili ad approvvigionarsi di suini provenienti dal Piemonte - spiega Enrico Allasia - ed è perciò necessario intervenire al più presto con ogni iniziativa utile per contrastare la diffusione dell'epidemia e l’eradicazione dei cinghiali, vettori della peste suina africana”.
Per questi motivi Confagricoltura Piemonte ha chiesto un Consiglio regionale aperto sull'argomento per dibattere la questione a livello tecnico scientifico e politico istituzionale, “al fine di individuare un percorso che consenta al mondo agricolo piemontese di poter guardare con serenità al futuro, oltre l’emergenza”.