CUNEO - 'Piemonte, Lombardia e Liguria non sono pronte per la riapertura dei confini'

Il rapporto stilato dalla Fondazione Gimbe, che si occupa di ricerca in ambito sanitario: 'Percentuale di tamponi diagnostici positivi elevata'

Redazione 28/05/2020 13:10

Il Piemonte, insieme a Lombardia e Liguria, non è pronto alla riapertura dei confini. E’ quanto sostiene la Fondazione Gimbe, organizzazione che si occupa di ricerca e informazione scientifica e sanitaria guidata da Nino Cartabellotta. In un comunicato stampa diffuso stamattina, giovedì 28 maggio, la scelta di riaprire la mobilità su tutto il territorio nazionale a partire dal 3 giugno è definita “rischiosa”.
 
Le analisi post lockdown della Fondazione - si legge nel comunicato - dimostrano che in queste tre regioni si rilevano la percentuale più elevata di tamponi diagnostici positivi e il maggior incremento di nuovo casi, a fronte di una limitata attitudine all’esecuzione di tamponi diagnostici”. I tamponi diagnostici sono quelli eseguiti per la prima volta su nuovi pazienti: nei dati diramati ogni sera da Protezione Civile e regioni, invece, il numero dei tamponi è comprensivo anche di quelli “di verifica”, effettuati su pazienti contagiati per accertarne l’eventuale guarigione.
 
L’ultima valutazione dei dati da parte del Ministero della Salute prima della decisione sulle riaperture interregionali sarà effettuata domani, venerdì 29 maggio. I dati di oggi, però, secondo la Fondazione Gimbe “riflettono quasi interamente le riaperture del 4 maggio, ma non quelle molto più ampie del 18 maggio che potranno essere valutate nel periodo 1-14 giugno”. Ad oggi, secondo quanto riportato dal comunicato, la percentuale di tamponi diagnostici positivi risulta superiore alla media nazionale (2,4%) in cinque regioni: in maniera rilevante in Lombardia (6%) e Liguria (5,8%) e in misura minore in Piemonte (3,8%), Puglia (3,7%) ed Emilia-Romagna (2,7%).   
 
Relativamente ai tamponi diagnostici per 100 mila abitanti, rispetto alla media nazionale (1.343), “svettano” la Valle d’Aosta (4.076) e la Provincia Autonoma di Trento (4.038). Nelle tre regioni ad elevata incidenza dei nuovi casi, la propensione all’esecuzione tamponi è poco superiore alla media nazionale in Piemonte (1.675) e in Lombardia (1.608), mentre in Liguria (1.319) si attesta poco al di sotto. Alla luce di questi numeri si può quindi calcolare anche l'incidenza dei nuovi casi ogni 100 mila abitanti. La media nazionale al momento è a 32. In Lombardia questa è nettamente più elevata, crescendo di circa tre volte il dato nazionale: è infatti registrata a 96. In Liguria questa è a 76 e in Piemonte a 63. Anche il Molise presenta un dato elevato, 44, ma questo desta meno preoccupazioni in quanto è legato a un focolaio che è già stato identificato e circoscritto.
 
Il presidente della Fondazione Gimbe ha manifestato le sue preoccupazioni in vista delle possibili riaperture del 3 giugno stamattina, intervenendo su Radio 24: “I casi sommersi sono 10-20 volte quelli esistenti - ha spiegato - e se non li vado a identificare, tracciare e isolare questi continuano a girare e contagiare. E' un cane che si morde la coda: da una parte non si vogliono fare troppi tamponi per evitare di mettere sul piatto troppi casi, dall'altro non identificando questi casi si alimenta il contagio tanto che, secondo la valutazione che pubblichiamo oggi, negli ultimi 23 giorni, dal 4 al 27 maggio, la Lombardia ha il 6% di tamponi diagnostici positivi: Sottolineo 'diagnostici' perché se mettiamo al denominatore tutti i tamponi fatti è chiaro che questa percentuale artificiosamente scende. La Liguria è al 5,8%, il Piemonte al 3,8%”. Secondo quanto emerso negli ultimi giorni, però, il Governo sembra orientato verso una riapertura senza distinzioni tra regioni: entro il weekend le decisioni definitive.
 

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