"È un impegno strano, il nostro: contribuiamo a costruire il tuo mito e al contempo proviamo a demitizzare il simbolo che sei diventato. Ci piacerebbe far capire agli studenti che sei stato un fuoriclasse nel tuo lavoro, un uomo che non temeva nessuna minaccia, ma anche una persona come tutti: siamo convinti che non ti si debba cucire addosso l’abito dell’eroe, perché porterebbe a crederti inarrivabile, ma quello del cittadino modello, come possiamo esserlo tutti. Solo così infatti il tuo esempio può continuare nell’impegno quotidiano di ciascuno di noi”.
Questa l'apertura dell'incontro di Scrittorincittà con il presidente del Senato Pietro Grasso: la lettura della lettera dedicata a Giovanni Falcone, contenuta all'interno del nuovo libro della seconda carica dello Stato "Storie di Sangue, amici e fantasmi". Il Presidente Grasso ha raccontato la sua vita, segnata dalla lotta contro un cancro del nostro paese: la mafia. Venticinque anni dopo gli omicidi di Falcone e Borsellino, Grasso ha raccontato quel periodo, in cui era un magistrato in trincea nella lotta a 'cosa nostra'.
"I pentiti sono come il bisturi: in mani esperte possono salvare la vita, in mani inesperte possono solo fare danni. La grande lezione di Falcone e Borsellino sui collaboratori di giustizia è stata la ricerca della verità" ha detto l'ex Procuratore Nazionale Antimafia. Il presidente ha raccontato diversi aneddoti sul suo passato da Giudice, riportando nel finale, la sua visione sul presente. "Oggi la mafia oggi è una cosa diversa rispetto al passato - ha detto Grasso - Da Provenzano in poi ha capito che era un errore andare contro lo Stato. C'è stata un evoluzione di quel metodo che sfocia nella corruzione. Il fenomeno si è esteso nel Nord Italia e anche in altre parti del mondo. Difficile riuscire a cogliere le responsabilità di rapporti corruttivi: un tempo c'erano due interpreti, oggi molti di più. Può essere che uno si ritrovi proprietario di un appartamento senza sapere perché".