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Trovo ingiusto ed ingiustificato il clamore mediatico su episodi che sarebbero avvenuti all’interno della Casa circondariale di Cuneo e sui quali sta indagando la magistratura: i processi si devono fare nelle aule di giustizia e non sui giornali”. È quanto dichiara in una nota il dichiara il Segretario Generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria
Donato Capece, commentando le
ultime notizie sulle presunte torture avvenute all'interno del penitenziario cuneese, per le quali sono indagate trentatrè persone.
Capece esprime “sorpresa ed amarezza” e, spiega, “la presunzione di innocenza è uno dei capisaldi della nostra Carta costituzionale così come il carattere personale della responsabilità penale e quindi credo si debbano evitare illazioni e gogne mediatiche. Noi confidiamo nella Magistratura perché la Polizia penitenziaria, a Cuneo come in ogni altro carcere italiano, non ha nulla da nascondere. L’impegno del primo Sindacato della Polizia Penitenziaria, il SAPPE, è sempre stato ed è quello di rendere il carcere una 'casa di vetro', cioè un luogo trasparente dove la società civile può e deve vederci “chiaro”, perché nulla abbiamo da nascondere ed anzi questo permetterà di far apprezzare il prezioso e fondamentale – ma ancora sconosciuto - lavoro svolto quotidianamente – con professionalità, abnegazione e umanità - dalle donne e dagli uomini della Polizia Penitenziaria”.
Dal segretario generale del SAPPE “apprezzamento per l'approvazione degli articoli del DDL Sicurezza che, come auspicato e rivendicato da tempo proprio dal SAPPE, inserisce nell'ordinamento l'uso delle Body Cam nei contesti operativi ed anzi auspico l’adozione di tutte quelle misure che tutelino maggiormente gli operatori della Sicurezza, prevedendo l'arresto obbligatorio, in flagranza di reato, per coloro che commettono aggressioni fisiche e violenze nei confronti degli appartenenti alle Forze di Polizia”. E conclude: “Sarò nel carcere di Cuneo venerdì 27 settembre a portare la mia vicinanza alla Polizia Penitenziaria del Cerialdo, che esce mediaticamente massacrata ma che è invece formata da persone che hanno valori radicati, un forte senso d’identità e d’orgoglio, e che ogni giorno in carcere fanno tutto quanto è nelle loro umane possibilità per gestire gli eventi critici che si verificano quotidianamente, soprattutto sventando i suicidi di detenuti”.