“Quella della neve artificiale è una macchina elefantiaca che invece di risolvere un problema, lo ingigantisce, e non ha granché senso che i comprensori sciistici cerchino di rendersi indipendenti dalla natura. Anche gli utilizzatori dello sci dovrebbero capacitarsene”. L’analisi, impietosa, è contenuta nel report “Nevediversa”, la cui edizione 2024 è stata pubblicata nelle scorse ore da Legambiente. Il quadro che emerge è chiaro: in Italia aumentano gli impianti temporaneamente chiusi e quelli aperti solamente “a singhiozzo”. “Ma non accennano a diminuire i finanziamenti d’oro per l’innevamento artificiale”, sottolineano da Legambiente.
“Meno neve e più caldo, questo è il trend. E le benefiche nevicate di marzo non saranno sufficienti a invertire la tendenza: con la crisi climatica e l’aumento delle temperature la montagna sta cambiando volto. Gli impianti sciistici sono sempre più in difficoltà, aumentano gli impianti temporaneamente chiusi e aperti a singhiozzo. Il futuro è sempre più incerto anche per le Olimpiadi Milano Cortina 2026 tra ritardi, spese faraoniche e l’incognita neve”, si legge nella presentazione del report.
Malgrado le ultime nevicate, un toccasana per i comprensori dell’arco alpino occidentale in questa parte finale della stagione, la tendenza climatica è chiara. In Piemonte il trimestre appena terminato, secondo i dati Arpa, è stato l’inverno più caldo degli ultimi settanta anni con una media regionale di 4.5°C, quasi 3°C in più rispetto alla norma del trentennio di riferimento 1991-2020. Il bollettino di guerra prosegue con i primati raggiunti dallo zero termico, sempre più in alto anche in pieno inverno, con frequenti piogge in quota al posto delle nevicate. Insomma, la sostenibilità di alcuni impianti sciistici, soprattutto a quote più basse, scricchiola ogni anno di più.
I dati di Nevediversa 2024, tutti in aumento, restituiscono l’immagine di una situazione molto chiara: 177 gli impianti temporaneamente chiusi sul territorio italiano (+39 rispetto al report precedente), di cui 92 sull’arco alpino e 85 sull’Appennino. Salgono a 93 gli impianti aperti a singhiozzo (+9 rispetto al report precedente): il grosso, ben 55, si concentra sugli Appennini. Altro dato in crescita è quello delle strutture dismesse, che raggiungono quota 260 (erano 249 nel report precedente) di cui 176 sulle Alpi e 84 sulla dorsale appenninica, e quello degli impianti sottoposti al cosiddetto “accanimento terapeutico”, 241 quelli censiti da Legambiente (+33 unità) che sopravvivono solo con forti iniezioni di denaro pubblico. Il grosso, ben 123, sugli Appennini. Dati a cui va aggiunta la crescita dei bacini idrici per l’innevamento artificiale: 158 quelli censiti (+16 rispetto al report 2023) di cui la gran parte in questo caso, ben 141, sulle Alpi, e il restante, 17, sulla dorsale appenninica.
In provincia di Cuneo ci sono impianti dismessi a Viola Saint Grèe, Acceglio, Prazzo, Bagni di Vinadio, Chiusa Pesio, Vernante, Ormea, Roccaforte Mondovì, Valdieri e Sambuco. Nella maggior parte dei casi le strutture sono rimaste abbandonate, preda della vegetazione che si sta riprendendo il suo spazio, testimoni decadenti di un tempo passato e di un’epoca d’oro per il turismo invernale. Poi ci sono quelli che risultano chiusi temporaneamente (Pian Giasset a Crissolo), quelli aperti “a singhiozzo” (Garessio) e quelli che Legambiente considera soggetti ad “accanimento terapeutico”: si tratta di Lurisia e Sampeyre.
Sul fronte finanziamenti, per aiutare il settore sono ben 148 i milioni di euro destinati lo scorso anno dal Ministero del Turismo per l’ammodernamento degli impianti di risalita e di innevamento artificiale a fronte dei soli quattro milioni destinati alla promozione dell’ecoturismo. E se si guarda alle singole regioni si scopre che finanziamenti per la neve artificiale non accennano a diminuire. In Piemonte, dove i fondi erogati - spiegano da Legambiente - “sono tra i più trasparenti e tracciabili", risalta il dato sui contributi all’innevamento artificiale che per il biennio 2022-2024 ammontavano a 29.044.956 euro e sono cresciuti a 32.339.873 euro per il biennio 2023-2025.
Un quadro generale sul quale Legambiente chiede “un cambio di rotta a livello politico e territoriale, superando la pratica insostenibile dell’innevamento artificiale, lavorando ad una riconversione degli impianti e puntando ad un turismo invernale più sostenibile e dolce che rappresenta il futuro della montagna”. Si legge nel report: “L’innevamento artificiale comporta ingenti consumi d’acqua, forte dispendio di energia, oltre alla realizzazione di più bacini per l’innevamento e quindi un consumo di suolo in territori di pregio naturalistico. Da parte nostra non c’è alcuna contestazione nei confronti degli operatori del settore, ma più un’obiezione contro la resistenza al cambiamento. Il dialogo e il confronto con gli operatori del settore è fondamentale per contribuire a costruire il nuovo orizzonte di cui la montagna ha bisogno”.
Una riflessione sul futuro del comparto, se ci sarà, non potrà che vedere il Piemonte e la Granda, territori che hanno fatto del turismo invernale un vero e proprio fiore all’occhiello, protagonisti centrali del dibattito.