Riceviamo e pubblichiamo.
Egregio direttore,
abbiamo letto il suo intervento “Tutta l'ipocrisia del paese che applaude…”, che ci consapevolizza con lucidità verso i gesti eclatanti che liberano le coscienze e garantiscono la continuità di una vita condotta nel segno dell’egoismo giuntoci da tanti anni di benessere.
Qui sulle montagne al silenzio dimesso siamo abituati, perché è compagno di cammino da sempre in ogni ora della giornata. La ponderazione ci giunge proprio dall’austerità del paesaggio e dalla ferrea applicazione di regole di salvaguardia che da sempre hanno garantito la sopravvivenza delle genti sulle Alpi.
Il pensiero si rifà alla memoria dei “reire”, che raccontano della spagnola del 1918 / 1919 (giusto, giusto un secolo fa) a cui (mortalità all’80%) le comunità alpine hanno avuto forza e coraggio di risollevarsi (oggi nella condizione disastrosa dello spopolamento questo non sarebbe più possibile.).
Di certo al tempo non si alzavano applausi al calare della sera, ma si accumulavano gesti semplici di condivisione e sostegno umano e spirituale la cui eco risuona ancora oggi: lo stesso stimolo che pervade la sua riflessione che con piacere abbiamo letto.
Davi Arneodo
Coumboscuro Centre Prouvencal