Correva l’anno 1984 quando per la prima volta le cronache locali accostavano il destino del “pizzo” di Cuneo a quello del Beaubourg parigino, cuore pulsante dell’arte e della cultura contemporanea. L’allora vicesindaco e assessore alla Cultura, Nello Streri, ne fece una battaglia decennale: l’idea era quella di convertire l’area all’estremità dell’altipiano in “sede polivalente per congressi e manifestazioni di grande richiamo, con infrastrutture ricettive e parcheggi, collegato a bar, ristorante e albergo, il tutto immerso nel verde”.
Il progetto per quello che era già stato ribattezzato “Centro polivalente per manifestazioni culturali e congressi” non era solo una suggestione. Venne anzi approvato all’unanimità dal Consiglio comunale e presentato in Municipio, con tanto di mostra fotografica nell’aprile del 1988. Le planimetrie illustrate da un gruppo di architetti prevedevano un salone da 1.300 persone, con altri 200 posti nel grande palcoscenico. Si pensò anche a un collegamento tra la parte terminale dei portici di via Roma e l’ingresso ai porticati del palazzo dei congressi, tramite “un sovrappasso pedonale trasparente, una sorta di ponte panoramico che passa sopra piazza Torino e la sottostante circonvallazione Nord”. Una sorta di ponte di Calatrava ante litteram, insomma. Il tutto a un costo stimato, all’epoca, in 5 miliardi di lire. Soldi che l’allora assessore ai Lavori pubblici e futuro sindaco Giuseppe Menardi confidava di poter recuperare anche tramite i privati.
Nel 1991 ne parlarono perfino una trentina di studenti di architettura del Royal Melbourne Institute of Technology, venuti dall’Australia su invito di Streri per dar vita a un atelier-laboratorio dedicato all’urbanistica futuribile di Cuneo. A mettersi di traverso ai propositi della giunta guidata da Elvio Viano fu però il Coreco (Comitato Regionale di Controllo), bocciando per violazione di legge la delibera che avrebbe consentito il trasferimento dell’Italgas vicino al palazzetto di San Rocco Castagnaretta. Il sogno del Beaubourg cuneese morì così nel luglio del 1993, anche se da allora non si è smesso di parlarne.
È successo anche durante l’ultima seduta del Consiglio comunale, pochi giorni fa, a seguito di un’interpellanza presentata da Paolo Armellini di Indipendenti: “Il pizzo di Cuneo è la ‘prua’ e il luogo più caratteristico della città: non è assolutamente da sprecare. Si parla di 9620 mq di superficie di proprietà comunale su cui si può pensare a una Beaubourg cuneese. Un centro d’arte, biblioteca, iniziative culturali, cinematografiche e musicali, spazi espositivi: questa è la nostra idea per sfruttare questo bellissimo luogo panoramico senza consumare suolo”. A sposare la causa, ricordando Nello Streri, è tra gli altri Beppe Lauria: “Per fare piazza Europa si fanno i mutui, le risorse si possono mettere in campo anche per la proposta avanzata dal collega”. L’ex assessore provinciale non ha mancato di dedicare una stoccata alla giunta (“evidentemente il bello non appartiene a questa amministrazione, come non è appartenuto alle precedenti”), riportando in auge anche la questione del plastico della città di Cuneo ritrovato alcuni anni fa nei sotterranei della scuola di corso Soleri: “In qualsiasi altra città i plastici sarebbero stati recuperati e messi a disposizione di studenti e cultori”. Ugo Sturlese di Cuneo per i Beni Comuni ha giudicato “opportuno il richiamo a una zona già oggetto di attenzioni di un grande assessore alla cultura”, ma invitato altresì alla cautela: “Bisogna avere una progettazione generale dei contenitori culturali di Cuneo. Abbiamo da sistemare la vecchia biblioteca, palazzo Chiodo e Santa Chiara”.
Dalla giunta, per voce dell’assessore all’Urbanistica Alessandro Spedale, arriva una risposta possibilista: “Siamo in un tempo propizio perché abbiamo la disponibilità del bene da quest’anno. C’è attenzione e voglia di mettersi in gioco, il settennato dei progetti europei ci aiuterà”.