Dopo
l’arresto avvenuto dieci giorni fa e le dimissioni da assessore regionale, da oggi
Roberto Rosso non siederà più nemmeno tra i banchi di palazzo Lascaris. La rinuncia all’incarico di consigliere regionale è stata ufficializzata con una nota dal suo avvocato, Giorgio Piazzese:
“È una decisione personale, maturata nella sua coscienza per il rispetto verso le istituzioni e i cittadini” sottolinea il legale, ribadendo che Rosso
“non era obbligato a dimettersi, la sua è stata una scelta etica autonoma per senso di responsabilità politica”.
A sostituirlo in Consiglio regionale sarà il primo escluso della lista provinciale di Torino di Fratelli d’Italia, Davide Nicco, ex sindaco di Villastellone, commercialista e revisore dei conti. Rosso si è dimesso anche dal Consiglio comunale di Torino, dove era stato eletto nel 2016 come candidato sindaco di una coalizione civica con cui ottenne 19.334 voti, pari al 5,05% delle preferenze. In Sala Rossa gli subentrerà Raffaele Petrarulo, attuale consigliere nella Circoscrizione VI per Fratelli d’Italia.
L’ex assessore regionale della giunta Cirio deve rispondere della pesante accusa di voto di scambio elettorale politico-mafioso nell’ambito di un’inchiesta sulla ‘ndrangheta condotta dalla Guardia di Finanza di Torino e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia del capoluogo piemontese.
Secondo gli inquirenti, Rosso avrebbe stipulato un “patto di scambio” con la cosca guidata da Onofrio Garcea e Francesco Viterbo nel territorio di Carmagnola, proponendo
il pagamento di 15 mila euro in cambio di un ‘pacchetto’ di preferenze poi risultate decisive per l’elezione in Regione come candidato più votato nella lista di Fratelli d’Italia. Il partito di Giorgia Meloni lo ha espulso subito dopo l’arresto, ma l’esponente politico - per voce del suo difensore - si dice
“consapevole della propria totale estraneità alla criminalità organizzata” e
“auspica che la vicenda sia trattata nelle competenti sedi giudiziarie, le sole dove può e deve trovare soluzione”.