Riceviamo e pubblichiamo:
Stiamo ancora cercando di orientarci nel diluvio di dichiarazioni del presidente Cirio e dell’assessore Riboldi sulla sanità in Piemonte, ma la sensazione di fondo, un po’ sgradevole, è di minestra riscaldata troppe volte.
Il timore infatti è che, nel passaggio dal Cirio 1 al Cirio 2, si stia facendo ogni sforzo per trasmettere l’impressione che tutto cambi perché, temiamo, nulla cambi e con l‘unico scopo di tramettere una immagine di efficienza e di energia al nuovo assessore.
Sarebbe comico infatti, se non fosse tragico, il siparietto tra l’assessore Riboldi e l’ex assessore Icardi rispetto alla valutazione sul partenariato pubblico privato o al finanziamento Inail per il nuovo ospedale di Cuneo che comporta inevitabilmente rischi per il futuro di quello che, insieme ad Alessandria, rappresenta uno degli hub ospedalieri più importanti del sud Piemonte.
Un tema delicato come quello della programmazione dell’edilizia sanitaria merita attenzione, cautela amministrativa e coerenza politica per non ingenerare aspettative che, qualora deluse, aumenterebbero la disaffezione della popolazione già stremata dal progressivo deterioramento della qualità del servizio.
Perché sullo sfondo di questo Risiko ospedaliero, la tela di Penelope con cui il presidente irretisce i piemontesi da 5 anni e si propone di farlo per altri 5, rimangono problemi concreti e serissimi come i tempi ormai biblici per esami e visite specialistiche.
Mentre quasi ogni giorno apprendiamo dai media una nuova puntata delle magnifiche sorti e progressive della sanità targata Cirio e Riboldi infatti, curarsi per i piemontesi è sempre più difficile.
A cominciare dalla nuova dialisi di Saluzzo ad esempio, ampliata con le risorse degli enti locali e delle associazioni del territorio, ma funzionante a metà regime perché mancano infermieri.
Mauro Calderoni
Consigliere Regionale
PD Piemonte