Riceviamo e pubblichiamo.
La scuola è sempre stata croce e delizia dei Governi di ogni tempo e qualunque orientamento, un comparto che, ad una superficiale e incompleta analisi, potrebbe risultare facilmente programmabile attraverso numeri (tot. Nati oggi tot. studenti tra 5-6 anni tot. personale docente e tecnico necessario, ecc.) e contenuti didattici (i programmi scolastici, semplicemente da aggiornare). Naturalmente la scuola non è solo questo ma è molto di più. Rappresenta infatti la fucina del futuro del Paese per la quale è quanto mai necessaria una visione di lungo periodo, strategica e politica. Inoltre, ad un approccio generale come sopra indicato, vanno declinate programmazioni e visioni nei vari ambiti, pensiamo alla differenza che abbiamo dalla scuola dell’infanzia fino ai percorsi post-universitari. Il Governo, in questi mesi, ha lavorato per la ricostruzione, finalmente, di un “sistema scuola” realmente funzionante, escludendo le solite tentazioni perpetrate negli anni dai vari esecutivi di riforma che nulla hanno risolto, ma anzi, hanno portato ad un ulteriore ingarbugliamento del settore senza incidere sul buon funzionamento del sistema: questa si, sarebbe non una riforma ma una rivoluzione.
Occorre ripartire da tre principi: senso del dovere, rispetto dell’autorità e meritocrazia come legame fra impegno e risultati raggiunti. Purtroppo, la deriva post-sessantottina ha creato un sistema che deresponsabilizza e non forma adeguatamente i giovani ad affrontare le sfide della vita. L’intenzione del Governo Meloni, anche semantica nella denominazione del Ministero, va proprio nella direzione di offrire agli studenti un modello che metta i diritti e i doveri almeno sullo stesso piano, dove si possano rivendicare i primi se si è adempiuto ai secondi, pena la disintegrazione della società e prima ancora della scuola.
A questo va aggiunto l’obiettivo primario di ridurre i dati dell’abbandono scolastico precoce (al 12%) che vedono ancora l’Italia non allineata ai grandi Paesi europei e il tentativo di intervenire con tutti gli strumenti a disposizione per comprendere meglio l’aspetto psicologico degli studenti fermi restando i principi sopra elencati.
La sfida nella sfida è quella di garantire una della più formidabili molle di progresso, l’ascensore sociale, realizzabile con una intelligente politica di sostegno economico agli studenti meritevoli che devono poter accedere, con la libera scelta educativa, alle scuole che ritengono migliori per sé, garantendo un grande, vero ed universale principio di uguaglianza in una società libera e democratica: le stesse condizioni di partenza per tutti. Non secondo le tristemente note politiche delle sinistre che vorrebbero tutti uguali al minimo comune denominatore.
Per poter far questo non bastano tuttavia, come ovvio, le buone intenzioni e gli indirizzi politici ma servono più che mai coloro che vivono e lavorano nella scuola tutti i giorni.
Si ha la sensazione che, per fortuna, la contaminazione sessantottina presente massicciamente per decenni nelle scuole europee ed italiane con il suo bagaglio di disvalori sia ormai marginale. Oggi il nostro Paese ha l’occasione di puntare ancora di più su un corpo docenti valido che però deve essere messo nelle condizioni migliori per operare ed è più che mai necessario che i livelli istituzionali deputati a farlo, Regioni e Stato, accelerino sui piani di eliminazione del precariato e sugli investimenti nella formazione ed aggiornamento degli insegnanti.
Il liceo del Made in Italy, abbinato alla volontà di rilancio delle scuole tecniche e professionali per troppo tempo minimizzate, va nella direzione di creare un collegamento migliore con un mondo economico che anima la seconda manifattura d’Europa, cresciuta grazie alla capacità quasi unica degli italiani di tradurre in ricchezza sapienze artigiane evolute, in molti casi, in solide realtà industriali leader nel mondo in innumerevoli settori. Creare migliori collegamenti col mondo produttivo non è, come sostengono le sinistre, una “svendita” della scuola ai privati ma è altresì la lungimiranza di chi governa di cercare di esaltare e sfruttare al meglio le genialità e le capacità dei propri cittadini.
Solo con politiche di sinergia tra scuola e lavoro, anche e soprattutto in ambito universitario, si potrà favorire il rientro dei cosiddetti cervelli in fuga e si potranno trattenere coloro che in Italia hanno deciso di lavorare e, come fanno meglio di noi altri Paesi, attirare scienziati dall’estero.
Federica Barbero e Claudio Sacchetto
Fratelli d’Italia Provincia di Cuneo