Claudio Conterno, presidente provinciale della Cia Cuneo, quando fa l’elenco dei problemi che l’agricoltura della “Granda” sta vivendo in questo periodo, si infervora. Perché, al di là degli eventi imprevisti, le stesse questioni hanno alle spalle le responsabilità e la scarsa attenzione di decenni da parte delle Istituzioni locali e nazionali. Dice Conterno: “Per citare solo i problemi più devastanti in questo momento, abbiamo i cinghiali, la siccità, il coleottero parassita popillia japonica e la flavescenza dorata che riguarda solo la viticoltura. Se poi aggiungiamo il rincaro delle materie prime e del gasolio agricolo e la crisi di Governo, è veramente una tempesta perfetta. L’assessore regionale Protopapa sta lavorando bene, ma anche lui spesso è bersagliato da veti incrociati, meline, nessuna volontà di risolvere i problemi. Invece bisogna prendere delle decisioni, in fretta e chiare. Perché ormai è diventato tutto un’emergenza e quando ne devi affrontare in contemporanea più di una vuol dire che c’è un sistema complessivo che non funziona. Correre dietro alle emergenze è difficile, impegnativo e anti-economico. Invece, occorre prevenirle. E’ finito il tempo di sedersi attorno a un tavolo per uscirne senza soluzioni concrete. In Italia si decide poco e quando avviene lo si fa raggiungendo mille compromessi”.
Come definirebbe questo periodo per l’agricoltura? “E’ un momento in cui il nostro mondo deve rimboccarsi le maniche e non pensare a cosa può succedere domani mattina, ma tra venti anni. L’agricoltura deve essere parte attiva della transizione in atto: tecnologica, meccanica, ambientale, digitale. Non può stare ferma, altrimenti non ce la fa. E allora bisogna cominciare e unire le forze. Però quando i governanti devono affrontare un problema senza trovarne mai la soluzione perché c’è sempre qualche ostacolo, tutto ciò diventa una difficoltà per la stessa democrazia di un Paese”.
I cinghiali
Conterno: “Sulla questione cinghiali abbiamo una catena Istituzionale Stato, Regioni, Province che non funziona. E a Cuneo tutto si blocca soprattutto quando il problema arriva a Provincia e Ambiti Territoriali di Caccia (Atc) e Comprensori Alpini (Ca): questi ultimi due organismi che hanno il compito di gestire l’attività venatoria sul territorio. A quel punto inizia il rimpallo di responsabilità, per cui gli animali non vengono abbattuti. Non si può andare avanti così. La Regione deve prendere in mano l’iniziativa e fornire delle direttive certe e chiare. I tutor e i selezionatori a cui è stato dato il tesserino per il depopolamento della specie devono fare concretamente questo lavoro: altrimenti non servono. E non dico che bisogna uccidere tutti i cinghiali, ma procedere in modo ragionato. Per il Ministero della Salute, in Piemonte bisognerebbe abbatterne 50 mila sui 200 mila presenti. Ci risulta che ne siano stati uccisi appena 2 mila. Quindi, bisogna dare più potere decisionale ai sindaci e ai proprietari dei fondi agricoli”.
I danni prodotti dagli animali sono gravi? “C’è una questione di sicurezza stradale: pochi giorni fa una donna è morta a Mondovì perché l’auto che guidava il marito è andata fuori strada per l’attraversamento della carreggiata da parte di un cinghiale. E non è il primo incidente del genere. In agricoltura i danni provocati alle coltivazioni sono tantissimi. E vengono pagati con anni di ritardo. Con dei costi elevati che si potrebbero evitare attraverso la prevenzione: e quindi l’abbattimento degli animali”.
Poi, dall’inizio dell’anno c’è un’ulteriore questione che sta causando non poche difficoltà. Infatti i cinghiali sono portatori di un virus - la peste africana - che possono trasmettere ai suini. Provocandone il contagio e la morte. In Piemonte, l’area dell’infezione e quella confinante nel raggio di 10 chilometri è stata circoscritta a numerosi Comuni della provincia di Alessandria, ad alcuni della provincia di Asti e a quattro in Alta Langa, nella provincia di Cuneo. Oltre a una parte di quelli della Liguria. In queste aree si sta costruendo una recinzione, consigliata dall’Unione Europea, per contenere gli animali e c’è il divieto di svolgere le attività di caccia, trekking, mountain bike, pesca, raccolta funghi e tartufi. Afferma Conterno: “Mi auguro che la zona dell’infezione non si allarghi perché, altrimenti, si dovrebbero abbattere i maiali al posto dei cinghiali: e in provincia di Cuneo sarebbe un disastro per il settore. Inoltre, ricordo che un non auspicabile ampliamento della zona vietata vorrebbe anche dire l’impossibilità di andare nei boschi e i raccoglitori di tartufi non potrebbero svolgere il loro lavoro. Quindi, si rischierebbe di chiudere la stagione prima che parta. Così come verrebbe preclusa la raccolta della legna. Anche per questi due motivi abbiamo bisogno che si prendano delle decisioni veloci sull’abbattimento dei cinghiali”.
La siccità
Conterno: “La siccità è un problema di cui si parla da almeno venti anni. Tutte parole al vento. Dopo tanti convegni, incontri e tavoli adesso è arrivato il momento di agire attraverso azioni concrete. Bisogna costruire invasi e micro-invasi, dove serve e non impattanti, per raccogliere l’acqua quando è in abbondanza per restituirla al territorio - non solo all’agricoltura - nei periodi di siccità. Ma vanno studiati ora, per averli in funzione tra un decennio o due. L’acqua - anche se lo era già - sta diventando in misura sempre maggiore il bene più prezioso che abbiamo. Più dell’energia. Serve una politica seria che ne programmi il controllo e l’utilizzo per i prossimi decenni: altrimenti la partita è persa”.
Il contributo dell’agricoltura? “Ogni settore agricolo ha un modo di irrigare. Bisogna studiare quello migliore per giungere a un’irrigazione di precisione, che eviti lo spreco dell’acqua e consenta di ottenere gli stessi risultati. Sicuramente gli impianti per alcuni tipi di irrigazione costano e su questo la Regione deve iniziare a fare dei ragionamenti. Però se l’acqua non c’è, come quest’anno, è indispensabile avere dei bacini di accumulo riempiti nei periodi in cui all’agricoltura non serve”.
La popillia japonica
La popillia japonica è un coleottero arrivato dall’Asia, e in particolare dal Giappone, che si nutre della parte verde delle foglie, distruggendo intere colture viticole, frutticole, di nocciole e di mais. Spiega Conterno: “L’insetto si è concentrato nelle coltivazioni del Nord Piemonte, ma ora, purtroppo, sta allargando la sua azione devastante. Il problema va affrontato velocemente”.
La flavescenza dorata
La flavescenza dorata è una malattia che colpisce la vite e può avere effetti devastanti per la coltura. E’ diffusa in tutta Italia. A provocarla è un fitoplasma, microrganismo simile a un batterio che si sviluppa nei vasi floematici della pianta - tessuti trasportatori di riserva energetica -, impedendo il passaggio della linfa elaborata dalle foglie per il sostegno del ceppo e delle radici. Si diffonde da vite a vite ad opera dell’insetto vettore, lo Scaphoideus titanus della famiglia dei cicadellidi. Sottolinea Conterno: “Il problema esiste dal 1999. Sono stati introdotti dei metodi sia biologici che convenzionali per contrastare la malattia. Ma, dopo oltre venti anni, la situazione è peggiorata. Per cui, oltre ad aver speso milioni di euro vuol dire che quanto è stato fatto è servito a poco. Ci si è abituati alla malattia: la soluzione più sbagliata. Abbiamo capito che per debellarla l’unica azione possibile è quella di estirpare le piante malate e tenere puliti i boschi confinanti con i vigneti e i terreni incolti. E allora su questo aspetto la Regione Piemonte dovrebbe essere più severa e rigida e imporre il taglio delle viti. Altrimenti si recidono solo i tralci: un’operazione inutile. Anche in questo caso i sindaci sono quelli che vivono il territorio e a loro va dato più potere per far rispettare le normative regionali. Estirpare, curare i boschi e gli incolti devono essere decisioni rapidissime”.
Le conseguenze per chi non rispetta le norme? “Ricordo agli imprenditori agricoli che al secondo controllo da parte degli organi preposti, in caso di non estirpo e di non trattamento per la flavescenza dorata il fascicolo viene bloccato. Con un danno irreparabile per le stesse aziende agricole”.