Cosa mi è capitato? Questa è la domanda che continuo a pormi per la reazione che ho avuto di fronte alla alluvione in Emilia Romagna. Quando si perde la vita, e in questa situazione le persone scomparse sono tante, è sempre una tragedia, ebbene il mio comportamento è di completa refrattarietà, al limite della mancanza di carità cristiana. E allora la domanda è: perché sono così duro nei confronti di chi soffre, perché giudico una presa in giro la narrazione dei talk show, perché reputo la maggior parte dei cosiddetti esperti, nella migliore delle ipotesi ignoranti, viceversa nella peggiore delle ipotesi in cattiva fede? Dopo tante calamità naturali soprattutto negli ultimi anni, gli italiani continuano a piangere il giorno dopo, ma non sono in grado di realizzare le opere necessarie per superare o almeno mitigare le conseguenze delle calamità naturali. Innanzitutto sarebbe opportuno che il Parlamento approvasse la legge per l’assicurazione obbligatoria, proprio a copertura dei danni di alluvioni e terremoti presentata in Parlamento dal sottoscritto oltre vent’anni fa. E poi, le scassate amministrazioni regionali dovrebbero abbandonare la demagogia ecologista e cominciare a realizzare una seria e vera regimazione idraulica. In continuazione ci viene spiegato dagli organi di informazione che la causa delle grandi piogge e delle alluvioni è il cambiamento climatico. Questo cambiamento climatico però, se è all’origine della intensità delle piogge, non è necessariamente la causa delle alluvioni. Inoltre confondere, come fanno sovente i cosiddetti esperti, i tempi di ritorno con i tempi di corrivazione, è un errore grave. Perché i primi, è assolutamente ancora da dimostrare che si siano sensibilmente accorciati rispetto al passato, poiché riferiti per definizione a periodi di 50, 100, 200, 500 anni, e perciò le serie storiche degli ultimi decenni non sono significative per descrivere il fenomeno. Infatti per ciò che si può leggere, dai dati a disposizione, i tempi di ritorno codificati normalmente non sono ancora stati superati. E pertanto imputare direttamente all’intervento umano la causalità dell’effetto è ancora da dimostrare.
Dall’altra parte però, i tempi di corrivazioni sono per la maggior parte da attribuire alle scelte dell’uomo. Infatti la superficie impermeabile di pavimentazione e di tetti ci riconduce immediatamente all’uso sconsiderato del suolo che è responsabilità delle amministrazioni locali. L’impegno a non inquinare per salvaguardare l’equilibrio climatico deve essere, ed è, un nobile impegno di ciascun cittadino del pianeta, giorno dopo giorno. Purtroppo però, le scelte che sarebbero la causa dei maggiori danni ambientali, sono responsabilità di poche persone e di grandi gruppi finanziari internazionali e pertanto non appartengono alla discrezionalità dei cittadini, o se volete del “popolo” più o meno organizzato. Resta da dimostrare che le emissioni in atmosfere, certamente dannose per la salute, siano la causa vera dei cambiamenti climatici. Allora la conseguenza di questo ragionamento è che da una parte c’è l’imponderabile o l’impossibile, almeno per me che vivo il mio tempo, nel mio angolo di mondo e non posso cambiare i massimi sistemi, siano essi le variazioni di inclinazione dell’asse di rotazione terrestre o le scelte dei grandi investitori planetari che viaggiano su Jet, yact, ed automobili super inquinanti e ci spiegano che per non inquinare dobbiamo usare automobili elettriche super inquinanti e costose. Dall’altra parte ci sono le persone con le amministrazioni locali, con il governo regionale o statale, che hanno la responsabilità di approvare la legge a copertura dei danni delle calamità, di fare una pianificazione urbanistica decente e rispettosa dell’ambiente evitando di rendere la superficie del pianeta sempre più impermeabile, di manutenere l’ambiente e nel caso specifico di effettuare una regimazione idraulica costante. Nel tempo, già i romani fecero le più importanti e significative opere idrauliche a difesa del territorio, e poi in epoca più recente, anche per ragioni di sviluppo industriale, si costruirono canali, invasi, casse di espansione.
Un caro amico, Filippo Fulcheri, mi ha fornito una bella pubblicazione dal titolo “La sistemazione Montana e la Bonifica integrale del Cuneese“: siamo nel 1930, ovvero negli stessi anni in cui fu completata la bonifica dell’Agro Pontino che è del 1935. In quel periodo furono affrontati in modo sistematico i grandi temi della sistemazione idraulica del territorio. Naturalmente non fu sufficiente a mettere al riparo l’intero ambito nazionale e infatti nel 1951 ci fu la grande alluvione del Polesine con 101 morti e 180 mila sfollati e nel 1957 nel mio Cuneese e nelle valli del Torinese ancora morte e distruzione, e in seguito per rimanere alla mia provincia di Cuneo registriamo l’alluvione del 1994 con 70 vittime, e recentemente le inondazioni disastrose dello straripamento del Tanaro e dei torrenti cuneesi del Vermenagna e del Gesso. Come si può leggere da questo breve excursus, il fenomeno delle precipitazioni e delle insufficienti opere per la raccolta e lo smaltimento delle acque che non permeano nel terreno segue passo passo la antropizzazione del territorio. Infatti non sono gli eventi di precipitazione che sono eccezionali, piuttosto sono assenti gli interventi necessari ad assorbire la diminuzione dei tempi di corrivazione e lo smaltimento della portata eccessiva nella sezione critica. Infatti fra un evento cosiddetto eccezionale e quello successivo il tempo è sempre più ristretto, ma la quantità di pioggia per volumi precipitati non varia molto.
E allora il mio stato d’animo rimane triste e pieno di rabbia nel vedere che nonostante le esortazioni, che ad ogni appuntamento alluvionale si manifestano per prevenire o mitigare gli effetti dannosi, i cittadini continuano a farsi governare da persone disinteressate forse anche incapaci, ad affrontare questi temi. Purtroppo i politici, gli amministratori in generale sono consapevoli che quel cittadino che oggi piange per i danni subiti è lo stesso che quando sarà chiamato a votare sceglierà non chi si potrebbe impegnare ad affrontare la costruzione delle opere infrastrutturali di salvaguardia del territorio, ma piuttosto colui che assicura i piccoli o grandi tornaconti spiccioli, sia esso un bonus, un terreno costruibile, una filiera di attività in monopolio, chiacchiere di convegni e di comunicazione. A proposito ho sempre pensato che gli ingegneri progettassero opere, ebbene l’altro giorno a Roma ho visto una targa incredibile: ing. WWW- studio di ingegneria della informazione – information and communication technology. Peccato.