Non solo Tettoia Vinaj,
o l’adiacente ex caserma Cantore oggetto di un’interpellanza proprio nell’ultima seduta del consiglio comunale cuneese. Gli Indipendenti fanno i conti in tasca agli uffici del municipio anche sull’eredità Ferrero, ormai un cavallo di battaglia di
Paolo Armellini.
“Le amministrazioni che si sono succedute dal 2011 - denuncia l’esponente dell’opposizione - non hanno gestito e continuano a non gestire l’eredità di un grande benefattore di Cuneo: parliamo di 9 milioni e 200mila euro, una cifra enorme”. In effetti quella lasciata alla sua morte dal 93enne Giulio Ferrero, dentista e collezionista d’arte, è stata la più ingente donazione mai ricevuta dal Comune, comprendente oltre al denaro e al patrimonio di dipinti e mobili di pregio anche tredici alloggi. Undici di questi, con relativi box auto, sono nel palazzo al civico 20 di corso Dante, dove viveva lo stesso Ferrero insieme alla moglie.
Il Comune ne ha sei affittati e cinque sfitti,
ma l’idea è quella di disfarsene in blocco: dall’intera vendita si conta di ricavare un paio di milioni di euro, secondo le stime enunciate a gennaio dall’assessore al Patrimonio
Alessandro Spedale.
“È un insulto alla memoria del dottor Ferrero” tuona, di nuovo, Armellini:
“Andremo a far beneficiare pochi acquirenti sottraendo a tuta la cittadinanza un patrimonio valorizzabile”. Spedale dal canto suo sembra convinto che sia meglio far cassa, sia pur senza accelerare i tempi:
“Ciò su cui mi posso prendere un impegno - dice -
è il sopralluogo con i capigruppo e gli interpellanti, come abbiamo fatto con palazzo Chiodo e caserma Montezemolo. Non ci saranno ‘blitz’ estivi con vendite di alloggi”.
L’intenzione di vendere, come nel caso di palazzo Chiodo, è comunque confermata: l’amministrazione ha fatto una sua scelta, ma sarà il consiglio comunale ad avere l’ultima parola. “Se un bene non porta nulla è meglio ottenere denari da riversare sul patrimonio che vederlo deperire” sintetizza Spedale: pochi, maledetti e subito, come recitava il titolo di un vecchio film. Ciò su cui l’assessore glissa è l’altra domanda. Ovvero: cosa ha fatto l’amministrazione, per dirla con la parabola evangelica, dei suoi talenti? “Se affitto tredici alloggi, a 350-500 euro al mese, in 13 anni arrivo a un totale di circa un milione di euro” riassume Armellini: “Non affittare o affittare a valori non adeguati hanno prodotto gravi conseguenze: non produzione di reddito, degrado degli immobili e perdita di valore per tutti i cittadini. Possibile non si sia trovato il modo di affittare a studi professionistici? E come è cambiato in un anno?”.
Le stesse domande se le fa Beppe Lauria (Indipendenza!), il quale vede un parallelo storico nella vicenda: “Quello che oggi è l’eredità Ferrero, ieri si chiamava eredità Galimberti: o non avete capito l’opportunità che vi è stata concessa, o ieri come oggi la classe politica è inadeguata”. Aggiunge poi l’esponente della destra sociale: “Nell’essere inadeguati, siete anche incredibilmente fantasiosi: da un lato manca la manutenzione di un bene, pur avendone i soldi, dall’altro lato ci spiegate che spenderemo due milioni e mezzo tra hardware e mobilio della nuova biblioteca”. “C’è da vergognarsi” sbotta Franco Civallero di Forza Italia, che sottolinea: “Tutto il patrimonio artistico che il dottor Ferrero ci ha lasciato rimane chiuso: è stato donato a tutti i cittadini, non al sindaco e agli assessori”.
Su questo replica l’assessore alla Cultura Cristina Clerico, ricordando che “abbiamo una mostra in corso a palazzo Samone che valorizza i dipinti e altre porzioni dell’eredità mobiliare. Diamo anche la disponibilità ad organizzare una visita ai depositi del museo che sono una ‘chicca’ della nostra città”. Ma non basta, risponde Armellini, perché non è una soluzione definitiva: “Penso sia arrivato il momento di individuare dei locali: sia palazzo Samone, il museo, la nuova biblioteca o i locali della vecchia biblioteca che verrà trasferita, dove recuperare i 45 dipinti di questa eredità e magari approfittarne per mettere insieme altri dipinti di pittori illustri, facendone una pinacoteca provinciale”. Nel frattempo, il consigliere scorge una similitudine con le vicende di palazzo Chiodo: “Si affiancano due situazioni che sembrano diverse, ma hanno un elemento comune: incapacità e incuria. C’è un palazzo del Cinquecento che stava per crollare e uno degli anni Trenta in decadenza, per la poca cura dell’amministrazione”.