“
Non solo i ghiacciai di superficie stanno rapidamente riducendosi, ma anche i depositi di ghiaccio all’interno delle grotte stanno subendo drastiche trasformazioni dovute al riscaldamento atmosferico che provoca una forte e piuttosto rapida riduzione delle masse di ghiaccio in grotta”. È quanto emerge dagli studi che
Arpa Piemonte ha avviato negli ultimi mesi, dopo il distacco di parte del ghiacciaio della Marmolada avvenuto a luglio del 2022: le analisi preliminari sono state condotte al fine di verificare situazioni di potenziale rischio sulle Alpi piemontesi.
“A conclusione di questa analisi preliminare, - spiegano dall’Arpa - si evidenzia una generale riduzione delle masse glaciali, con diminuzione sia degli spessori sia dell'estensione areale, che si traduce in un accentuato arretramento della fronte e nello smembramento dei corpi glaciali. L’elemento di maggiore pericolosità è rappresentato dalla presenza di ghiacciai sospesi ancorati al substrato roccioso su pendii ripidi, la cui stabilità è legata alla dimensione della massa glaciale ed al persistere delle condizioni di permafrost".
Un
approfondimento, sulla base dei dati raccolti dall’Arpa, è stato pubblicato sul primo numero del 2023 della rivista “EcoScienza”, in un articolo firmato da Luca Paro, Daniele Bormioli, Davide Viglietti, Luca Lanteri e Secondo Barbero.
Si legge nell’introduzione dell’articolo: “Le Alpi occidentali, che includono i territori di Piemonte e Valle d’Aosta, conservano a oggi circa 300 ghiacciai con una superficie complessiva di 160 km quadrati. Sono per lo più di piccole o piccolissime dimensioni (circa l’80% ha una superficie inferiore a 0,5 km quadrati) e molti di essi, in particolare in Piemonte, possono ormai essere considerati glacio-nevati, piuttosto che veri e propri ghiacciai. Rispetto al catasto realizzato dal Comitato glaciologico italiano in occasione dell’anno geofisico internazionale del 1957-1958, la perdita di superficie glaciale in Piemonte è stata imponente e ha raggiunto nel 2020 circa il 50%, ulteriormente aggravatasi nel 2022”.
Le variazioni morfologiche dei ghiacciai, accentuate e accelerate negli ultimi anni dai cambiamenti climatici, possono determinare situazioni di estrema pericolosità: la trasformazione di ghiacciai vallivi in ghiacciai sospesi determina un aumento della probabilità di crolli, mentre l’aumento di acqua liquida può favorire i fenomeni di collasso e di rotta glaciale.
“Nel 2022, - prosegue l’articolo pubblicato su EcoScienza - a causa delle ridotte precipitazioni nevose sia invernali sia primaverili, a cui si è aggiunto un lungo periodo di temperature ben sopra gli 0 °C anche in alta montagna, i ghiacciai si presentavano quasi ovunque privi di copertura nevosa stagionale e pluriannuale e tutta la loro superficie, esposta ai raggi solari, evidenziava una fusione accelerata e diffusa”.
Per quanto riguarda la progressiva riduzione del ghiaccio nelle grotte, Arpa Piemonte e Politecnico di Torino hanno avviato già nel 2016 un progetto di studio e monitoraggio di alcune cosiddette “crio-grotte” nelle Alpi Liguri e Cozie. La ricerca viene condotta attraverso il monitoraggio in continuo dei valori di temperatura di aria e roccia in diversi settori delle cavità, con analisi chimico-fisiche del ghiaccio, campionamenti di materiale organico e datazioni con 14C. I meccanismi genetici che portano alla formazione di questi depositi di ghiaccio sono diversi ma sempre riconducibili alla temperatura della roccia fratturata e carsificata, nella quale scorrono significativi flussi di aria e di acqua che la raffreddano. Negli ultimi decenni, nelle cavità, questi delicati equilibri tra la temperatura della roccia e quella dell’aria sono cambiati a causa dell’incremento delle temperature in superficie. Di conseguenza la situazione ideale che ha permesso la formazione e la conservazione per secoli di questi depositi è venuta meno ed è iniziata così una progressiva riduzione della massa glaciale e nevosa.
Sulle Alpi piemontesi, insomma, sta scomparendo il ghiaccio.