Non è la fine della telenovela di Tettoia Vinaj, ma parafrasando una frase di Winston Churchill, riferita a ben più tragiche vicende, è “la fine dell’inizio”. Con la riconsegna delle chiavi dei locali di piazza ex Foro Boario, si chiude infatti un capitolo del contenzioso tra il Comune di Cuneo e l’ormai ex gestore, ovvero la società Tettoia Vinaj srl di Dario Dalmasso.
Per la “cerimonia” si è scelto proprio il locale oggetto della discordia. Il segretario comunale Giorgio Musso, accompagnato dalla dirigente dell’ufficio Patrimonio Anna Bertola e dalle rappresentanti dell’ufficio Legale, si è seduto al tavolo con il geometra Dalmasso e il suo legale, l’avvocato Fabrizio Revelli. Strette di mano, qualche caffè e la firma delle carte, corredata da un sopralluogo. Non è un atto dovuto, tiene a precisare l’avvocato Revelli: “È stata una nostra iniziativa spontanea, nell’interesse della comunità. Adesso vedremo: non dimentichiamo che la sentenza del tribunale di Cuneo ha statuito che Tettoia Vinaj srl, oggi, non deve al Comune nemmeno un euro. La sentenza è ancora suscettibile di impugnazione e non sappiamo se sarà impugnata. Senz’altro non da Tettoia Vinaj, non avrebbe interesse a farlo”.
Il project financing? “Un affare non felice” dice il privato
Il privato quindi considera una vittoria il verdetto dello scorso febbraio, malgrado il parere contrario dell’amministrazione cuneese. Sta di fatto che sull’aspetto economico, in effetti, la domanda è stata rigettata: ma come è possibile che questi famosi 938mila euro nessuno debba pagarli? Semplice, risponde l’avvocato. Perché i 938mila euro non esistono, o meglio, sono molti di meno: “Il punto di vista del Comune è che ci siano 900mila euro in ballo. Il punto di vista della società è che quelli corrispondenti alla monetizzazione dei parcheggi non siano assolutamente dovuti: da contratto c’era la possibilità di scegliere tra monetizzazione dei parcheggi e opere a scomputo. C’è un atto formale nel quale è stato scelto di fare opere a scomputo, chiedendo al Comune di indicare quali dovessero essere eseguite. Il Comune non lo ha mai fatto. Tettoia Vinaj sta ancora aspettando un atto”.
Gli oneri dei parcheggi, però, corrispondono a un terzo dell’intero ammontare, per la precisione a 315.911 euro.
Nel Consiglio comunale dello scorso febbraio, l’assessore ai Contratti
Valter Fantino aveva dato una diversa versione. La risposta ci sarebbe stata eccome,
“tuttavia il concessionario ha realizzato un’unica opera a compensazione dei suddetti oneri, ossia il marciapiede perimetrale della ex infermeria Cantore del valore di 24.696 euro”. In un caso o nell’altro, restano fuori gli altri 600mila euro e rotti, quelli dei canoni non versati. Anche qui Revelli offre una diversa interpretazione:
“Dal punto di vista del Comune i canoni sono dovuti, dal punto di vista di Tettoia Vinaj lo sarebbero stati se ci fossero state le condizioni di equilibrio economico-finanziario dell’intera operazione. E le condizioni, purtroppo, non ci sono mai state: questo esercizio è gravemente in perdita, dal punto di vista del gestore. I conti di Open Baladin però non li conosciamo”.
Si scopre così che non sono l’amministrazione, ma anche il gestore considera un pessimo affare - almeno col senno di poi - il project financing per la riqualificazione dello storico edificio: “Non si possono non considerare gli oltre 600mila euro investiti da Tettoia Vinaj, che corrispondono a un ammortamento. Sono quelli a generare la perdita. Il Comune di Cuneo si è fatto promotore dell’operazione ma non ha avuto neanche un euro di esborso e la parte privata, legittimamente, sperava di recuperare l’investimento che ha fatto. L’operazione non è stata economicamente felice”. Tutto questo è stato fatto presente al giudice civile e verrà fatto presente in appello, spiega Revelli. Ma c’è di più. Non solo l’equilibrio non è stato raggiunto, ma - sempre secondo il privato - non poteva nemmeno esserlo: “Esiste una relazione, precedente all’operazione, secondo la quale le condizioni su questo intervento sarebbero state impossibili da realizzare: la conservo nel mio studio”.
E l’accordo per chiudere con un parziale “rimborso” tutta la questione? Anche quello esisteva, perlomeno nei desideri dello studio legale Barosio che avrebbe voluto così concludere l’increscioso capitolo: “Si era ipotizzato di chiedere 100mila euro a Tettoia Vinaj - che avrebbe dovuto fare un’iniezione di capitale per arrivarci, ma lo avrebbe fatto”. Altri 300mila euro, quelli degli oneri, li avrebbe messi Open Baladin: “In modo che il Comune incassasse 400mila euro. Per ragioni che ignoriamo, e che ignora anche il professor Barosio, la proposta è purtroppo naufragata”.
L’Open Baladin resta aperto. Ma servirà una gara
Già, la proposta dello studio legale Barosio. È un intrigo nell’intrigo, dal momento che proprio il niet del Comune a quell’accordo - politicamente imbarazzante, per parte della maggioranza - è all’origine della rottura dei rapporti tra il municipio e l’insigne amministrativista. Sono venute meno le condizioni di fiducia, ha spiegato il professor
Vittorio Barosio a
La Stampa: tant’è che, dopo essere stato sollevato da questo incarico, l’avvocato che non aveva mai perso una causa con il Comune ha rinunciato anche agli altri. A parte una criptica “non smentita” alle
indiscrezioni sulla revoca del mandato, da via Roma non sono arrivati altri commenti su questo risvolto della questione. È verosimile che arriveranno il 13 giugno, nel Consiglio comunale straordinario richiesto dalle opposizioni.
Per ora, almeno, si è saputo qualcosa di certo sul destino dell’Open Baladin e di chi ci lavora: “La giunta - dice il municipio in una nota - ha subito approvato una delibera che avvia, dandone mandato al settore Patrimonio, la procedura per l’affidamento in concessione amministrativa della Tettoia Vinaj e che, contestualmente, riconosce l’opportunità di disporre a favore della società Open Baladin Cuneo s.r.l. un affidamento diretto ad interim, per il tempo necessario alla conclusione della gara pubblica”. Una soluzione adottata “in modo da garantire comunque la custodia dell'immobile, la continuità dell’animazione e delle attività commerciali di somministrazione in un’area delicata della città sotto il profilo della sicurezza pubblica, ma soprattutto tutelare i lavoratori che oggi sono alle dipendenze della società Open Baladin”. “Questo atto amministrativo - conclude il Comune - nasce dalla volontà di rispettare pienamente le norme comunitarie e nazionali in materia di libera concorrenza e le relative prescrizioni del Codice degli appalti pubblici”.