“Passo dal tartufo allo gnocco fritto e dal barbaresco al lambrusco. Spero che nessun emiliano mi stia ascoltando”: con una battuta ironica sulla sua prossima destinazione, Modena, il prefetto di Cuneo Fabrizia Triolo saluta la città tra i due fiumi e la provincia che l’ha vista al timone dell’ufficio territoriale del governo negli ultimi quattro anni.
Correva il 3 novembre 2020: nel pieno della seconda ondata del Covid, la più dura per la Granda, la Triolo assumeva la sua funzione arrivando da Biella.
“Col Covid tutti noi abbiamo imparato qualcosa di più” ricorda, presenziando alla sua ultima inaugurazione ufficiale: quella del
nuovo presidio di polizia nel pronto soccorso dell’ospedale Santa Croce, da lei fortemente voluto. L’ultimo atto, dice, della sua permanenza
“in questa città e provincia che definisco illuminata”.
Palermitana, classe 1961, Triolo è entrata nei ranghi dell’amministrazione civile dell’interno nel 1990: prima del breve incarico a Biella, durato meno di un anno, era stata vice prefetto vicario a Savona.
“Porterò Cuneo nel cuore e non è retorica” dice oggi, congedandosi dalla “sua” provincia:
“Qui ho imparato a fare il prefetto, se l’ho imparato”. Grazie a Cuneo e alle istituzioni cuneesi, dunque, anche per la collaborazione sul tema della sicurezza:
“Lo standard è talmente elevato che appena c’è uno starnuto facciamo un comitato” scherza ancora l’ormai quasi ex prefetto. L’ultimo dei dossier finiti sul suo tavolo,
quello sulle problematiche di piazza Boves, è stato comunque giudicato
“preoccupante” dopo un incontro di due ore e mezza con i rappresentanti dei residenti. Segno che lì, forse, c’è più di uno starnuto.
Il commiato, con molti sorrisi e gli abbracci affettuosi della sindaca Patrizia Manassero, è anche l’occasione per un bilancio informale: “Non sono un prefetto da palazzo, forse a volte sono stata troppo ‘autentica’ e questo non è stato sempre ben compreso. Me ne vado felice di ciò che ho dato”.