Un impiegato 'costa' mediamente all'azienda 10 mila euro più di un operaio. È uno dei dati emersi da un'indagine del Centro Studi di Confindustria Cuneo sui numeri delle risorse umane impiegate dalle imprese associate. La ricerca, eseguita in collaborazione con le Unioni Industriali di altre dodici province del nord Italia, ha restituito alle duemila aziende che hanno contribuito con i loro dati (260 quelle cuneesi, 24 mila i dipendenti interessati), un check-up sull'assenteismo interno e il benchmarking retributivo per i profili di interesse. Il tutto oltre a tracciare una mappa precisa degli stipendi del territorio e di altri elementi di rilievo. “Il risultato del lavoro effettuato è uno strumento importante – spiega Giuliana Cirio, direttrice di Confindustria Cuneo – Un territorio 'di frontiera' come il nostro, poco attrattivo per molti motivi, deve adottare politiche retributive competitive e questi dati sono utili agli imprenditori per tracciare un quadro della situazione”.
Quanto emerso dall'indagine è sì un dato utile ai capitani d'industria che operano tra la Bisalta e il Monviso, ma anche un modo per tracciare un'analisi socio-culturale del lavoro in provincia di Cuneo. Spesso si sente dire in giro che i cuneesi sono 'dei grandi lavoratori', gente che bada al sodo e che dal mattino a sera non alza la testa da ciò che sta facendo. In questo caso il luogo comune è suffragato dai dati.
Il tasso medio di assenza dal lavoro (la percentuale di ore non lavorabili non lavorate) è inferiore a quello delle altre province di oltre un punto e mezzo: il 5,4 percento contro il 6,1 nazionale. Gli uomini hanno un tasso di gravità più basso rispetto alle donne: 4,5% rispetto al 7,9% (dovuto al congedo di maternità), mentre gli operai hanno un tasso di assenza medio più alto (6,2%) rispetto a quello di impiegati (4,7%) e quadri (3,4%).
Gli operai registrano un aumento medio della retribuzione inferiore alle altre categorie: gli stipendi di chi esegue un lavoro manuale sono saliti dell'1,7% rispetto a un aumento medio del 2% negli altri mansionamenti (il picco è dei quadri, con il 2,4%). Sono l'83% le imprese interrogate che erogano una parte dello stipendio in forma variabile, con un parametro incentrato in particolare su fatturato e produzione. L'elemento si ricollega a quanto già sciorinato: per gli imprenditori che non mangiano bagna caoda e non dicono 'solo più' i premi sono volti principalmente a ridurre l'assenteismo. Problema che, come abbiamo visto, non tocca la Granda.
Un altro dato interessante è il cosiddetto 'tasso di turnover', dato dal rapporto tra la somma di assunzioni e cessazioni avvenute nel corso dell'anno: la Granda (22,9%) ha un ricambio dei lavoratori superiore alla media, ferma al 21,2%. Risultato diverso per quanto riguarda il tasso di diffusione delle politiche retributive, inferiore di quasi 7 punti (32,7%-39,5%) rispetto alle altre province. Poco diffusa la cultura del welfare aziendale, dove Cuneo è fanalino di coda tra i territori aderenti all'indagine. Sono solo il 66% le imprese che mettono servizi a disposizione dei propri dipendenti. Nel Cuneese il mix delle misure di welfare assorbe complessivamente l'1,7% del costo del lavoro (in Piemonte è il 2,9%).
Lo 'smart working', o telelavoro, è poco diffuso dalle nostre parti. Lo utilizzano il 7,3% delle imprese. Stride il paragone con Torino, dove ad utilizzare questa possibilità è il 19,3% delle aziende. “In questo caso bisogna considerare la diffusione della banda larga – spiega Elena Angaramo del Centro Studi di Confindustria -. In molti centri della nostra provincia la mancanza di una connessione adeguata non consente la diffusione di questa opportunità”.
Abbiamo aperto con il dato forse più significativo, ovvero il confronto tra la retribuzione lorda media di operai e impiegati. Se per i primi la retribuzione totale lorda annua è di 29 mila 550 euro, va considerato che l'importo varia di molto a seconda del settore di impiego. Chi è operaio nel terziario 'costa' all'azienda 25 mila 270 euro, mentre i colleghi del settore chimico 30 mila 562. Una forbice legata principalmente all'elevato fattore di rischio ambientale.
La retribuzione annua lorda degli impiegati è, come visto, quasi 10 mila euro superiore a quella dei loro colleghi, si attesta infatti sui 39 mila 200 euro. I più 'costosi' sono i direttivi del settore alimentare (55 mila 748 euro), mentre tra i corrispettivi più bassi troviamo, anche in questo caso, gli impiegati del settore terziario (24 mila 832 euro).
Decisamente più elevate le retribuzioni totale annue lorde dei quadri (69 mila 100 euro) e dei dirigenti (127 mila 800 euro). “Abbiamo notato che Cuneo ha delle retribuzioni più alte nel settore manifatturiero, mentre nei profili legati al terziario innovativo queste sono di molto inferiori” ha commentato ancora la Angaramo. E le differenze di retribuzione basate sul genere? “Ci sono ancora – ha concluso la ricercatrice - ma si sono molto affievolite con il tempo. Figure femminili impiegate nelle risorse umane o nella ricerca e sviluppo, sono pagate meglio degli uomini”.