Potrebbe non essere la volta buona per l’approvazione della variante di Demonte, nemmeno questa volta. Malgrado ora esista un progetto condiviso da tutte le parti interessate, la probabile bocciatura del ministero dei Beni culturali è pronta a piombare come una tegola sulla testa dei demontesi.
Se n’è parlato nel corso dell’incontro tra il presidente Alberto Cirio e gli amministratori locali, cui hanno preso parte anche le parlamentari Chiara Gribaudo e Monica Ciaburro. L’incontro si è svolto in Municipio e si è concluso con un sopralluogo sull’area che dovrebbe essere interessata dalla variante di 2,72 km lungo la strada statale della Maddalena. Il ministero dei Trasporti è pronto a finanziare un intervento da 50,1 milioni di euro affidato all’Anas, per tagliare fuori l’abitato che oggi è diviso a metà dalla SS 21.
“Una media di 660 camion transitano in paese ogni giorno” ricorda il neosindaco Francesco Arata, affiancato nella denuncia dai predecessori Laura Porracchia e Mario Bertoldi: “È un problema che si sta sempre più aggravando: al traffico diretto verso la Francia si è aggiunto, dopo il 2000, quello proveniente dallo stabilimento dell’Acqua Sant’Anna a Vinadio”.
Una situazione insostenibile sia per gli edifici, esposti alle vibrazioni provocate dal passaggio continuo dei mezzi, sia per la salute della popolazione, che attende una soluzione fin dagli anni Settanta. Solo nel 2005 si è arrivati a discuterne in via preliminare, ma cinque anni dopo l’allora presidente della Provincia, Gianna Gancia, annunciò che per quel progetto non c’erano più le risorse.
Ieri il neopresidente della Regione Cirio, accompagnato dal vicepresidente Carosso e dai consiglieri Graglia, Demarchi e Gagliasso, ha garantito invece che le risorse per l’’alternativa numero 5’ esistono. Quello che preoccupa, spiega il funzionario della direzione generale dell’Anas Francesco Magarò, sono i vincoli che potrebbe porre il ministero dei Beni culturali, perché bisogna capire se la prevista galleria sotto la collina del Podio metta a rischio i resti archeologici del Forte della Consolata.
“Abbiamo attivato la procedura di valutazione di impatto ambientale a maggio dello scorso anno, con i ministeri dell’Ambiente e dei Beni culturali” spiega Magarò. La commissione del ministero dell’Ambiente ha già formulato il suo parere e l’ha inviato alla direzione generale, mentre non c’è ancora un parere definitivo del MiBAC, che a sua volta ha sollecitato la Soprintendenza. I segnali però sono negativi: “Il ministero considera l’’alternativa numero 5’ fortemente critica e non mitigabile. Si fa presagire quindi un parere negativo su questa soluzione, con l’invito a recuperarne una già studiata in passato che è molto più onerosa e che il territorio aveva già scartato”.
Dal momento che una parte del progetto interferisce con un habitat tutelato dalla rete europea Natura 2000, inoltre, esiste la possibilità che anche Bruxelles voglia dire la sua. Ma questa, assicura l’Anas, resta al momento un’eventualità remota. Cosa succederà invece in caso di stop definitivo da parte del ministero? La norma prevede che il provveditorato alle opere pubbliche del Piemonte possa attivare una concertazione tra gli enti, sotto la gestione della presidenza del Consiglio.
La palla passerebbe quindi a Palazzo Chigi. Non sarebbe la prima volta che succede, e non è detto che vada a finire male: “Qui ci sono senz’altro vari elementi da bilanciare oltre alla tutela del paesaggio e dei beni culturali, a cominciare dal diritto alla salute” osserva il funzionario Anas.
Nel frattempo, la conferenza dei servizi che era stata attivata è sospesa in mancanza di un giudizio di compatibilità ambientale. La Regione si tiene pronta a tutte le evenienze, ma Cirio si dice fiducioso: “Possiamo provare a intervenire con il ministero prima che venga formalizzato un parere negativo, altrimenti potremo rivolgerci solo alla presidenza del Consiglio”.
Anche gli altri comuni della valle, Aisone e Vinadio in testa, restano alla finestra. Mentre la deputata dem Gribaudo lancia una frecciata al governo: “Nel decreto Sblocca Cantieri l’opera è stata rinviata al 2020: è un segnale di natura politica. Non vorrei che si dovesse ripartire tra un anno con una nuova progettazione, se così fosse è meglio saperlo prima”.