Il prossimo 5 marzo scadranno le ultime misure anticovid che portano la firma di Giuseppe Conte, ma il ‘governo dei migliori’ guidato da Mario Draghi non sembra intenzionato a debordare dai confini entro i quali si è mosso il suo predecessore. Tutt’altro. A quanto riportano i principali quotidiani nazionali saranno confermate tutte le restrizioni già in vigore: ristoranti chiusi la sera, viaggi fuori regione solo per chi ha la seconda casa, cinema con le serrande abbassate e sipari giù nei teatri. Chiuse anche palestre e piscine. A confermarlo anche il ministro della Salute Roberto Speranza, uno dei ‘sopravvissuti’ dal vecchio esecutivo. Ieri al Senato ha detto: “In quest’ultimo miglio non possiamo assolutamente abbassare la guardia: non ci sono oggi le condizioni epidemiologiche per allentare le misure di contrasto alla pandemia”.
Il nuovo Dpcm resterà in vigore fino al 6 aprile, una data che include anche Pasqua e Pasquetta, che cadono rispettivamente il 4 e il 5 aprile. È dunque una possibilità che le vacanze pasquali non differiscano troppo da quanto avvenuto nel periodo natalizio, ma non è chiaro se verrano presi provvedimenti più restrittivi.
L’unica data in cui potrebbe aprirsi qualche spiraglio è quella del 27 marzo. Da qui, ma non è confermato, si parla di due possibili aperture: quelle di cinema e teatri e quelle per muoversi da una regione all’altra anche senza possedere una seconda casa. I dettagli, sempre da quanto si apprende da fonti giornalistiche, dovrebbero essere definiti oggi con la riunione dei governatori.
Con il nuovo governo si registrano molte novità nel modo in cui verranno prese le decisioni sulla pandemia: il numero dei membri del Cts è stato ridotto, verrà scelto un portavoce e la cabina di regia è stata allargata ai ministri che guidano dicasteri legati all’economia (Giancarlo Giorgetti e Stefano Patuanelli). Inoltre le decisioni prese con il Dpcm verrano annunciate con anticipo a Parlamento e governatori, così da accogliere i suggerimenti delle parti. Insomma, cambiano gli addendi, ma il risultato pare essere sostanzialmente il medesimo, seppur con l’introduzione di alcuni elementi inediti, come la zona “arancione scuro” o “arancione rafforzato”: le nuove varianti preoccupano gli scienziati, in particolare la variante inglese che secondo la fondazione Bruno Kessler di Trento potrebbe diventare entro due mesi la forma di Coronavirus prevalente nel nostro paese.
I timori hanno portato all’introduzione nel nuovo Dpcm della nuova fascia cromatica: sarà l’etichetta usata per definire quelle zone in cui c’è una presenza rilevante di casi riconducibili alle varianti del Coronavirus.
Al momento esistono 25 zone rosse in tutto il Paese. Attualmente soltanto una di queste è in Piemonte: si tratta di Re, comune di circa 750 abitanti della Val Vigezzo, dove la provincia di Verbania confina con la Svizzera, nella fascia con le restrizioni più dure da sabato scorso. Al momento in provincia di Cuneo non ci sono comuni in zona rossa.