Nei giorni scorsi è diventato virale il video postato sui social da un giovane cuneese.
Un video orrendo e deplorevole per forma e contenuti, in cui il giovane si esprime con un linguaggio violento, con toni marcatamente razzisti, maschilisti e classisti nei confronti di una donna nera con la quale (pare) avrebbe avuto un diverbio per futili motivi automobilistici.
Non possiamo né vogliamo in alcun modo giustificare l'accaduto. Siamo (com'è doveroso) fermi nella condanna.
Vogliamo però fare un passo in avanti e chiederci come mai fatti del genere, o comunque atti violenti e razzisti possano prendere sempre più piede nel nostro Paese.
Senza voler dare facili giudizi morali o politici, è tuttavia indubbio, a nostro avviso, che tali situazioni rivelino un pesante e crescente arretramento culturale e l'affermazione di modelli (prima di tutto relazionali) che hanno portato a svilire il rispetto per la persona, per l'"altro".
Cosa vogliamo dire con questo? Non vogliamo entrare nella sfera personale e familiare: non è compito nostro farlo e non esprimiamo considerazioni rispetto all'educazione ricevuta.
Ma com'è possibile oggi distinguere atteggiamenti, comportamenti, parole ed azioni "civili" da quelle che non lo sono? Com'è possibile parlare di "modelli" civili quando personaggi con responsabilità politiche e/o istituzionali fanno sovente molto peggio di ciò che ha (vergognosamente) fatto un "ragazzo qualsiasi"?
Anche a causa di "cattivi maestri", i social si sono sovente ridotti a piazze virtuali dove sfogare tutte le nostre frustrazioni contro chi riteniamo “diverso”.
Crediamo che oltre alla condanna, ci sia un fortissimo bisogno di ricostruire modelli culturali e sociali. Non soltanto nel mondo virtuale, ma anche e soprattutto in quello reale, dove le persone possono incontrarsi e rivelarsi davvero.
Pensiamo che chi sbaglia debba avere la possibilità, se ritiene, di essere riabilitato.
Ed allora con questo breve comunicato vogliamo fare una proposta concreta ed un invito al giovane Marco Rossi.
Abbiamo letto che si è pentito e scusato: senza sottovalutare la gravità dell'accaduto, quale esempio migliore di pentimento, se non quello di fare un gesto simbolico in favore delle persone di un territorio portato alla ribalta (per l'ennesima volta) per fatti di intolleranza e violenza?
Proponiamo al ragazzo di mettersi in contatto con una delle tante associazioni del territorio che si occupano di migranti o di donne vittime di violenza.
Se lo vorrà lo aiuteremo volentieri nella ricerca. In tal senso il nostro appello è rivolto anche a tutte quelle realtà che si rendessero disponibili.
Pensiamo che la collaborazione, anche solo per un breve periodo, con una di queste associazioni possa essere più “rieducativa” di mille parole.
Dietro ogni volto, ogni situazione...c'è una storia che merita rispetto!!!
Auspichiamo che questa proposta possa essere accolta da Marco e ci rendiamo disponibili ad accompagnarlo in questo suo breve percorso di conoscenza e sensibilizzazione che potrà fargli...e potrà farci sicuramente bene.
Le 6000 Sardine di Cuneo