Come un lungo serpentone si è snodato per le strade e per i boschi il gruppo di 50 persone che sabato è partito da piazza Biglia per chiudersi con un anello di circa 8 km intorno al capoluogo.
La vista impareggiabile sulla pianura e sulle montagne circostanti ha dato il via alla prima edizione delle Camminathè in una bella giornata di sole. Dopo i Bibliothè, tenuti all’interno della biblioteca, la Commissione comunale alla Cultura scommette su una nuova formula proprio rendendo onore alle borgate che compongono Montaldo, muovendosi su quelle “Vie del culto” progetto studiato e finanziato dal Gal Mongioie molti anni fa ma poi dimenticato come spesso accade.
Grazie alla collaborazione degli abitanti, le borgate si sono presentate vestite a festa, nel loro massimo splendore primaverile.
Si parte da Calupo con le sue vigne tenute a giardino da Beppe Caramello per passare all’altro versante con quelle eroicamente sopravvissute grazie all’impresa titanica di Piergiovanni e Angelo che resistono, strenui difensori di quel vitigno Accardina che ora custodiscono anche gli allievi nel’orto della piccola scuola.
Santa Lucia e San Bartolomeo accolgono il gruppo ancora composto nel primo tratto del lungo tracciato e poi ci si immerge nel bosco e nel silenzio, si scoprono tracce di animali e di presenze botaniche a volte anche poco note.
Con la presenza discreta della guida naturalistica Roà, che quasi si scusa per parlare di castagni o erbe a chi magari li conosce, ci si infila in sentieri poco frequentati ma ben puliti e segnalati da chi come Pierluigi li percorre ancora a piedi ogni giorno.
Si scoprono curiosità e aspetti sconosciuti magari agli stessi abitanti, così come alcune chiesette vengono svelate per la prima volta ad occhi increduli raccontando secoli di devozione e cura.
Non capita spesso infatti di camminare tra boschi e trovarsi di fronte ad affreschi quattrocenteschi, percorrere a pochi metri dall’asfalto un’antica via dei pellegrini diretta al mare ed essere accolti da una finestra romanica aperta sul bosco sapientemente costruita e miracolosamente conservata in un antico romitorio del decimo secolo, cercare riposo sui banchi della chiesa di San Rocco della medievale Roamarenca e scoprire due lapidi romane murate.
Colpisce sentir parlare di viaggi verso Santiago di Compostela o Terra Santa, di frescanti di passaggio che hanno lasciato la loro impronta o di guerre sanguinose che hanno seminato in quei sentieri terrore e distruzione, all’ombra di quei castagni che hanno dato vita e morte agli abitanti.
Sorprende scoprire che quello che si vede ogni giorno passando in auto è un affresco di pregevole fattura di un’Annunciazione a Maria su una “domus” di un’antica Confreria, voce laica in un contesto religioso, sapientemente suggerita ancora una volta da Mirco TarditI autore di un libro sull’argomento.
Al suo come a quelli delle visite pastorali, agli archivi comunali e alle voci di don Adamo e don Michelotti parroci per anni a Montaldo si attinge per la ricostruzione delle radici profonde di fede e devozione di cui le chiese disseminate lungo il percorso ne sono testimoni.
Come nella suggestiva processione aux flambeaux che ancora oggi in una sera d’estate percorre il tragitto che da San Sebastiano va a San Giuseppe, presentate con orgoglio da Norina, sfila il lungo serpentone in Roapiana per riportarci in una dimensione più “urbana” verso il Quartiere e la Chiesa Parrocchiale che da sola merita una visita per complessità e ricchezza artistica.
Non una semplice gita guidata quindi ma un viaggio in un museo a cielo aperto fatto di emozioni senza tempo testimoniate dall’orgoglio dei superstiti che hanno piacere di raccontare un pezzo della loro storia.
E lo fanno anche con una torta di mele e un bicchiere di vino a Roamarenca sulla piazza di San Rocco, uno spuntino a San Giorgio, davanti alla chiesetta di cui le truppe sabaude distrussero il porticato, con i racconti commossi di Remigio che poi accompagna al romitorio di sant’Ambrogio e alla sua Roamarenca, o con un’esposizione di foto a Calupo o semplicemente con un ricordo della propria infanzia o con un’esplosione di fiori su un muretto a secco a trattenere una vigna secolare: ognuno a modo suo con forme espressive diverse, un museo “diffuso” in cui opere d’arte, storia, paesaggio selvatico o presenze umane convivono .
Come dice Mirco Tarditi nel suo libro ci sono luoghi che nascondono sotto l’apatia e la consuetudine il loro passato ma sabato Montaldo lo ha svelato ai suoi visitatori con grazia e calore… perché Montaldo è così.
Il finale, dopo uno sguardo a quel sito archeologico da cui è nato tutto il resto, con una merenda sinoira nei locali dell’ex asilo, il modo migliore di concludere un giornata tra amici allora dalla Commissione Cultura un grazie di cuore a Beppe, Edoardo, Mario, Pierluigi, Cesare, Renza, e Pierina, Claudia e Dino, Loredana e Franco, Remigio, Lucia, Marisa, Dario, Piergiovanni, Antonella nonché a Don Giuseppe, a tutti i volontari della Pro Loco, e ai cinquanta “pellegrini” in cerca di emozioni un arrivederci alla prossima edizione delle Camminathè.