SALUZZO - Gli operatori del 112 sono stanchi: “Da Amos nessun riconoscimento professionale”

La centrale di Saluzzo è l’unica in Italia a gestire le chiamate dei sordi e il soccorso satellitare: “Ma temiamo di non riuscire più a fornire un servizio di qualità”

Redazione 14/04/2025 19:28

Dal gennaio 2017 la centrale di Saluzzo svolge una funzione essenziale per il territorio cuneese e non solo, smistando tutte le chiamate che arrivano al numero unico di emergenza. A partire da luglio 2021, la Centrale Unica di Risposta 112 è diventata l’unica sul territorio nazionale abilitata a ricevere e gestire le chiamate degli utenti sordi provenienti da tutta Italia. Da marzo 2023 è anche la sola in grado di ricevere e gestire le chiamate di soccorso satellitari provenienti dal sistema SOS Satellite Apple.
 
Oggi, però, alcuni operatori avvertono di non riuscire più a tenere i ritmi di un lavoro per sua natura frenetico. Lo dicono in una lettera aperta alla consigliera regionale Giulia Marro (Alleanza Verdi e Sinistra), già autrice di un’interpellanza che segnalava un’inspiegabile “discriminazione” tra i lavoratori: alcuni sono dipendenti di Azienda Zero, altri sono sotto contratto con Amos. È proprio alla multiservizi della sanità cuneese, oggetto di un recente cambio della guardia al vertice e sempre più al centro di indiscrezioni (si parla di un imminente assorbimento nei ranghi di Azienda Zero), che si rivolgono gli operatori del 112 “spremuti” dalle loro mansioni.
 
All’aumento di specializzazioni affrontato negli anni - “con conseguente aumento del carico di lavoro” fanno notare i dipendenti della centrale - “non è mai seguito un riconoscimento professionale né economico da parte dell’azienda Amos”. Già nell’estate 2023, aggiungono, “a causa della reiterata carenza di personale, ci siamo ritrovati nella condizione di dover scegliere tra la prospettiva di rinunciare alle ferie estive mantenendo la turnazione da otto ore e quella di salvaguardare le ferie nostre e dei colleghi svolgendo i turni da dodici ore per tutta la durata del periodo estivo”.
 
Una situazione che era già stata denunciata al coordinamento e alla direzione, precisano gli autori della missiva: “Questo aut aut, o per meglio chiamarlo ricatto emotivo, ha avuto come diretta conseguenza un notevole aumento dello stress e della stanchezza, una forte tensione emotiva all’interno del gruppo di lavoro, una netta riduzione della qualità di vita e del tempo a disposizione fuori dal contesto lavorativo (peraltro già esiguo) e soprattutto la preoccupazione di non riuscire a fornire un servizio di qualità per la gestione delle chiamate di emergenza dei cittadini”.
 
Il lavoro di operatore della CUR 112, oltre alle competenze tecniche, richiede infatti anche una costante e inalterata attenzione durante l’intero turno lavorativo: questa situazione e l’ingente aumento del carico di lavoro “hanno innescato sentimenti di paura e ansia di non riuscire a fornire alle persone al telefono la giusta attenzione e professionalità che meritano”. Considerevole, a giudizio dei lavoratori, “è stato anche l’incremento delle assenze per malattia, tuttora in essere, che ha condotto a turni con numerose postazioni vuote, gravando sulle spalle dei presenti la redistribuzione delle chiamate. Questa situazione è rimasta da allora inalterata anzi vi è stata, se possibile, una recrudescenza. Altissimo è il numero degli abbandoni”.
 
Più di cento persone si sono licenziate negli anni, aveva rilevato la consigliera Marro: “Come può, infatti, una persona accettare che al carico di responsabilità e competenza che le viene richiesto corrisponda un inquadramento contrattuale come personale dipendente da imprese esercenti servizi di pulizia e servizi integrati/multiservizi?” si chiedono i dipendenti. Saluzzo ha “la triste esclusività di essere l'unica Centrale in Italia ad avere un contratto privato e non pubblico come tutti gli altri nostri colleghi”.
 
“Grave - aggiungono ancora i portavoce della protesta - è anche la chiusura da parte dell’azienda Amos alla disponibilità di concedere il part-time, preferendo perdere persone formate ed esperte nonostante la evidente difficoltà ad implementare l’organico. A questo si aggiunge la mancanza di adeguati spazi in cui poter usufruire delle pause e che possano aiutarci nella decompressione delle situazioni critiche”.
 
Ogni giorno arrivano chiamate che investono come uno tsunami le forze psicologiche di chi risponde: “Ci siamo ritrovati a versare lacrime dopo aver gestito chiamate di omicidi o rinvenimenti di corpi inanimati. Abbiamo condiviso l’angoscia di una mamma che chiedeva aiuto per il proprio piccolo in crisi respiratoria, abbiamo tremato insieme al bambino che chiamava perché il papà stava picchiando la sua mamma. E tutto questo ce lo siamo tenuti dentro perché non abbiamo spazi in cui poter far defluire queste emozioni. Alcuni colleghi trascorrono le pause chiusi in macchina. Molti di noi hanno sviluppato problemi di insonnia, altri hanno iniziato percorsi di psicoterapia. Sono queste le condizioni di lavoro adeguate per chi si occupa quotidianamente di aiutare le persone?”.
 
Agli utenti del servizio giunge un appello a cuore aperto: “Vogliamo chiedere scusa alla popolazione piemontese se anche solo una volta non abbiamo risposto in maniera adeguata, con la giusta vicinanza emotiva, se siamo stati sbrigativi e non all'altezza della professionalità che meritano. Se abbiamo sbagliato in qualsiasi modo, perdonateci se potete. Ora sapete in quali condizioni lavoriamo. Vorremmo anche ringraziarvi, per la vostra comprensione e pazienza, per i sorrisi che ci strappate, per gli auguri che ci fate durante le festività, per la vostra vicinanza. La passione per questo lavoro e il desiderio di essere un anello nella importantissima catena di aiuto e soccorso alla popolazione è l'unica cosa che ci fa andare avanti. Grazie”.

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