È stata inaugurata ieri, venerdì 10 maggio, nelle Antiche Scuderie della Caserma Mario Musso a Saluzzo la mostra «La Giada del Monviso. Dalla Montagna al centro dell’Europa di 7000 anni fa». Il rituale taglio del nastro è stato effettuato dal Presidente del Parco del Monviso, Gianfranco Marengo, accompagnato dalla vicepresidente Paola Bonavia, dal Sindaco del Comune di Saluzzo Mauro Calderoni e dal Presidente della Fondazione Amleto Bertoni, Enrico Falda. Secondo il Presidente del Parco del Monviso, Gianfranco Marengo, la mostra «è un’opportunità unica per vedere l’ambiente di vita antico e come la pietra veniva lavorata. Una vera e propria immersione nella preistoria che permette di scoprire nel dettaglio come venivano creati e utilizzati gli utensili di uso comune in epoca preistorica e le prestigiose asce alpine, simbolo di potere e trascendenza e vero e proprio “fenomeno globale” del Neolitico». Un plauso per l’organizzazione della mostra è arrivato dal Sindaco di Saluzzo, Mauro Calderoni, che ha sottolineato come «questa importante iniziativa dimostra come il Parco, con la Riserva della Biosfera transfrontaliera del Monviso, possa essere un soggetto dalle competenze ampie in grado di amalgamare enti locali, associazioni e imprenditori per creare cultura e sviluppo sul territorio. I recenti ampliamenti e le richieste di aderire al Parco sono un segnale che porta ad essere fiduciosi: saper gestire il territorio “MaB Unesco” in modo dinamico può essere una grande opportunità per il futuro».
Anche il Presidente della Fondazione Amleto Bertoni, Enrico Falda, ha commentato con soddisfazione l’inaugurazione: «siamo lieti che il Parco del Monviso abbia scelto di allestire questa interessante mostra, che permetterà a tanti visitatori di fare la conoscenza con un aspetto culturale che nel Saluzzese non è ancora molto noto, nei locali della nostra Fondazione, recentemente recuperati a scopo espositivo ed è motivo di grande soddisfazione il fatto che questo evento si inserisca nel calendario di Start, arricchendolo con un evento che ne condivide, pur in un diverso contesto storico, il substrato di artigianato e arte». Un folto pubblico, composto anche di autorità locali e regionali, ha poi potuto visitare in anteprima le due sale dell’esposizione, ricca di oggetti, ricostruzioni e pannelli esplicativi, e vedere il video di approfondimento che chiude l’allestimento. L’esposizione sarà aperta al pubblico tutti i week end dalle 10 alle 18 presso due saloni delle Antiche Scuderie della Caserma Mario Musso (dall’11 maggio al 16 giugno e dal 31 agosto al 29 settembre 2019). L’ingresso è libero. Durante i due periodi di apertura della mostra sono previsti laboratori didattici per famiglie, e escursioni nelle zone di ricerca nel comune di Oncino, precedute da un incontro informativo. È possibile – per gruppi e scuole – la visita in altri orari previa prenotazione presso il Servizio Promozione del Parco (tel. 0175-46505 didattica@parcomonviso.eu)
Il momento inaugurale è stato preceduto, nel corso del pomeriggio, dal convegno "Giada, grandi asce alpine del neolitico europeo", che si è tenuto presso il Salone degli Specchi della Fondazione Bertoni, a pochi passi dalla sede della mostra.Tantissimi i “curiosi, scienziati ed appassionati” che hanno riempito il Salone a dimostrazione dell’interesse suscitato dalla pietra verde e dalla storia del Neolitico nelle Valli del Monviso: un’area centrale per lo studio della preistoria europea, di cui molto è ancora da scoprire. L’incontro è stato introdotto dal Presidente del Parco del Monviso, Gianfranco Marengo, che ha ricordato come la pietra verde del Monviso sia stato uno dei primi beni economici comuni per la storia dell’Europa, commercializzato fino a più di tremila chilometri di distanza dal luogo di estrazione. Al fascino di questa vicenda contribuisce anche il fatto che i luoghi da cui la pietra veniva cavata sono rimasti pressoché intatti ancora oggi.
Prima dell’inizio dei lavori, è stato inoltre proiettato un video realizzato da Sergio Beccio per conto dell’ISCA - Istituto Superiore di Cultura Alpina che ha introdotto l’argomento della preistoria in valle Po, con particolare riferimento alle asce del Monviso, per poi tratteggiare l’importante storia della “conquista” del Re di Pietra.Dopo un saluto del sindaco di Oncino Alfredo Fantone e dell’Assessore Maria Grazia Allisio, “padroni di casa” del sito da cui provengono i preziosi reperti litici, la parola è passata al consigliere regionale Paolo Allemano che ha sottolineato il buon lavoro fatto dal Parco del Monviso, vero e proprio traino per iniziative di tutele a valorizzazione del territorio.
Il convegno è stato aperto dal geologo torinese Daniele Castelli, professore ordinario di Petrologia e Petrografia presso l’Università degli Studi di Torino, che ha spiegato perché la giada del Monviso affiori proprio nel territorio di Oncino, indagando la conformazione e la storia geologica dell’area del Monviso, un tempo sommersa da un antico oceano che ne ha plasmato la forma. È entrato più nello specifico dell’archeologia l’intervento di Sandro Caranzano, che ha approfondito il discorso sul tema “Neolitico nell’area del Monviso”, indagando la produzione delle accette in pietra verde e la loro grande circolazione a livello europeo tra il 5.600 e il 3.300 a.C., un periodo di circa duemila anni nei quali questi oggetti ebbero enorme diffusione a livello europeo.
In conclusione del suo intervento, Caranzano ha poi proposto e commentato un’ampia sintesi del video “Giada, grandi asce alpine nel neolitico europeo” prodotto alcuni anni addietro da Pierre Petrequin, archeologo tra i più esperti sul tema delle asce in pietra verde. Ultimo intervento del convegno è stato quello di Dino Delcaro, Presidente del Centro di Archeologia Sperimentale Torino, che ha spiegato cosa sia l’archeologia sperimentale ovvero la sperimentazione di tecniche di lavorazione antiche dei materiali. Grazie all’uso esclusivo di tecniche conosciute del periodo neolitico, il Centro di Archeologia Sperimentale Torino ha lavorato in epoca contemporanea le pietre verdi: molti di questi manufatti sono esposti nella mostra, che Delcaro, uno dei curatori, ha introdotto in conclusione del suo intervento.