Sono circa 150 gli extracomunitari che gli operatori di Saluzzo Migrante contano dormire all’aperto ogni notte, in questi giorni che preannunciano l’arrivo dell’autunno. Durante i Presidi Mobili gli operatori hanno incontrato a Saluzzo braccianti avvolti nelle coperte distribuite dalla Caritas. Riposano tra i portici dei palazzi di Inps e Inail, sotto quelli dei supermercati e nel parcheggio dell’ex Casa del Cimitero (dove l’arrivo dei giostrai per la Fiera di San Chiaffredo imminente li ha costretti a trovare riparo all’ingresso del vicino parcheggio).
Queste persone, denunciano i volontari, dormono all’addiaccio da ormai quattro mesi nonostante le azioni specifiche predisposte nel decreto Rilancio per evitare assembramenti negli insediamenti informali di stagionali agricoli. Fin dall’inizio del lockdown la Caritas di Saluzzo si è confrontata con la situazione dei senza dimora, con situazioni critiche anche a Torino e Cuneo e con quelle registrate da altre Caritas italiane, confermando la necessità di un intervento non emergenziale, ma strutturale.
Virginia Sabbatini, coordinatrice del Presidio “Saluzzo Migrante”, spiega: “Chiediamo un intervento che non sia solo locale. L’emergenza sanitaria ha messo ancora più in luce il fatto che questa problematica non possa essere risolta semplicemente dalla spinta di alcuni amministratori. Confidavamo che un’emergenza simile, che ha portato il Governo a normale la situazione con un decreto specifico, determinasse un intervento finalmente strutturato ad una problematica che ormai conosciamo bene e che ci interroga da anni”. Da marzo in poi, aggiunge la coordinatrice, Prefettura e Regione sono state sollecitate da chi chiedeva una direzione efficace, un coordinamento dei comuni e strumenti per intervenire.
“Continuiamo ad attendere una risposta della Regione, - aggiunge Sabbatini - continuiamo a partecipare ai tavoli di confronto istituiti alla Prefettura di Cuneo e abbiamo sottoscritto i suoi due protocolli, ma sentiamo la necessità di un investimento coordinato (dalla Protezione Civile, come previsto dal Decreto, su mandato della Regione) che veda nella prevenzione del contagio il suo cardine. Si può intervenire sui positivi, ma la prevenzione rimane centrale, così come previsto a livello nazionale attraverso il ruolo dei medici di base, delle USCA (unità speciali di continuità assistenziale), attraverso il ruolo sociale della casa”. Gli strumenti delle amministrazioni comunali, come ordinanze e richieste di sgombero, sono ritenuti troppo limitati a questo riguardo: “Inoltre, come Caritas non possiamo condividere la richiesta di azioni come il Daspo per i senza dimora o il fatto di veder gettate via le coperte da noi distribuite come fossero rifiuti. Non crediamo che l’unico sistema per gestire la problematica dei senza dimora sia quello di spingerli ‘un po’ più in là’, in un altro territorio. Sapere che tra i senza dimora ci sono dipendenti agricoli è un dato importante: sono lavoratori ma non riescono a trovare una casa: come è possibile? Guardando le loro buste paga una risposta noi l’abbiamo”.
Tramite i contatti ricevuti dall’Infopoint, la Caritas saluzzese afferma di essere a conoscenza del fatto che alcune agenzie interinali e agricoltori stanno cercando manodopera e insistono nel poter assumere persone che pensano abbiano già una sistemazione alloggiativa: ma “il lavoro stagionale, per come è oggi retribuito spesso in modo difforme dalle previsioni dei contratti, non permette ad un bracciante di trovare nel mercato immobiliare una sistemazione a Saluzzo e nei comuni limitrofi per un breve periodo e in modo discontinuo”.
“Se non c’è bisogno di manodopera, - obietta la coordinatrice di Saluzzo Migrante - come sembra dal dibattito pubblico, perché veniamo contattati per cercare braccianti? Perché chi arriva nel nostro infopoint per prendere una bicicletta in prestito, ritorna con un contratto di lavoro? E se c’è bisogno di manodopera agricola stagionale, perché si crede che gli stagionali agricoli possano autonomamente trovare un alloggio? Alcuni agricoltori insistono affinché il dipendente non chieda aiuto ai Comuni o alla Caritas, per la paura che venga richiesto un contributo (puramente volontario) per ottenere un posto. Alcuni sindaci, invece, ancora oggi negano che vi siano degli stagionali che attraversano le loro campagne per una giornata di lavoro, per poi tornare a dormire su un cartone sull’asfalto di Saluzzo”.
Ancora una volta la Caritas di Saluzzo sottolinea come il modello vincente sia quello dell’accoglienza diffusa, nato con fatica grazie agli sforzi condivisi nel 2016 con la Lagnasco Group e alcuni sindaci del territorio. Gli sforzi dei Comuni che hanno aperto le accoglienze (ad oggi Savigliano, Verzuolo, Lagnasco, Costigliole Saluzzo, Busca, Saluzzo e tra poco Cuneo) sono molti, spesso al di là del mandato dell’ente locale e richiedono sinergia tra i vari livelli governativi. Tuttavia, secondo la Caritas, tutto ciò ancora non è sufficiente: i posti sono pochi, i Comuni aderenti non sono sufficienti e i lavoratori hanno paura a candidarsi per entrare temendo di perdere il lavoro a causa del contributo volontario richiesto all’impresa agricola, come appreso dagli operatori di Saluzzo Migrante durante i Presidi Mobili.
Prosegue Virginia Sabbatini: “Riteniamo che serva un maggiore intervento dei sindacati agricoli per informare correttamente le imprese su questo servizio: ancora oggi ci troviamo spesso a spiegare ai datori cosa siano le Accoglienze Diffuse e perché i loro dipendenti stagionali non possano autonomamente trovare un alloggio. Gli imprenditori agricoli sono accompagnati o sono lasciati soli nel conoscere realmente il contesto in cui assumono dipendenti stagionali?”.
È semplice, conclude Sabbatini, dire “non dovrebbero venire”: “Le persone vengono perché il sistema di reperimento della manodopera, del tutto disorganizzato, genera una forte aspettativa di trovare un impiego, lavoro che viene effettivamente poi trovano. La percentuale di aspiranti braccianti che durante la stagione non trovano lavoro è minima: queste persone si sono fermate alcuni giorni, settimane poi sono ripartite per il Foggiano. Ripartono ogni anno a novembre, quando il lavoro agricolo termina. Quest’anno inoltre la spinta verso il lavoro stagionale è aumentata a causa del Covid19 (abbiamo incontrato camerieri, aiuto-cuochi, lavapiatti, buttafuori…) e i decreti sicurezza, che hanno aumentato la vulnerabilità costringendo ad avere un contratto di lavoro alla scadenza del permesso di soggiorno”.