GRINZANE CAVOUR - Ecco perché i giudici hanno condannato Mario Roggero: “Fu giustizia privata”

Nelle motivazioni della sentenza le ragioni della condanna a 17 anni, comminata dalla Corte d’Assise al gioielliere di Grinzane Cavour: “Era arrabbiato, non malato”

Andrea Cascioli 03/03/2024 19:01

Non c’è stata legittima difesa, perché le riprese hanno mostrato come Mario Roggero abbia estratto la pistola dal cassetto, sotto il registratore di cassa, “quando la rapina è già finita”, uscendo dalla porta sul retro della gioielleria “almeno quattro secondi dopo che ne sono usciti i rapinatori”. Ma nemmeno si può invocare un vizio di mente: il suo era un “evidente stato di rabbia dovuto alla rapina appena subita”, ma non si può sostenere che esistesse “un’alterazione patologica tale da escludere o far ritenere grandemente scemata la capacità di intendere o di volere”.
 
Questo si legge nelle quarantatre pagine con cui i giudici togati e popolari della Corte d’Assise di Asti hanno motivato la condanna a 17 anni di carcere comminata al gioielliere 69enne. Roggero, originario di La Morra e titolare di una storica gioielleria a Gallo di Grinzane Cavour, uccise nel pomeriggio del 28 aprile 2021 due rapinatori che avevano assaltato il suo negozio, con una pistola giocattolo e un coltello. Il 58enne Giuseppe Mazzarino e il 44enne Andrea Spinelli vennero colpiti a morte nell’auto su cui si accingevano a fuggire, mentre l’autista della banda, Alessandro Modica, fu ferito a una gamba e si salvò, venendo poi arrestato poche ore dopo.
 
La pena inflitta nel dicembre scorso dalla Corte, presieduta dal giudice Alberto Giannone con Elio Sparacino giudice a latere, è più alta dei 14 anni di carcere chiesti dalla Procura. I giudici concordano però col pm Davide Greco nell’affermare che il commerciante volesse fare “giustizia privata nei confronti dei rapinatori”. Ad escludere l’ipotesi della legittima difesa è la circostanza che “i colpi non sono stati sparati per la necessità di salvare sé o altri da un pericolo attuale mentre la rapina era in corso”, bensì “quando la rapina era già finita e i malviventi stavano salendo in macchina (anzi Modica vi era già salito) per darsi alla fuga”. Spinelli, colpito alle spalle, aveva già gettato la pistola giocattolo sul sedile posteriore dell’auto e non la stava puntando contro Roggero in quel momento: “Qualsiasi interpretazione differente appare priva di fondamento oltre che illogica” scrivono i giurati.
 
A pesare sono anche le incongruenze con quanto dichiarato nelle prime interviste, quando Roggero affermava di aver sparato i primi colpi dentro la gioielleria: “Tesi - ricorda il tribunale - del tutto smentita dalle risultanze delle videoriprese e delle telecamere di sicurezza e poi abbandonata dallo stesso imputato nelle dichiarazioni spontanee nel corso del processo”. Allo stesso modo viene ritenuta implausibile la linea difensiva sostenuta in udienza, cioè che il gioielliere avesse rincorso i banditi perché non si era reso conto che la moglie si trovava nel negozio e temeva fosse stata rapita: del presunto rapimento “non vi è traccia nelle prime dichiarazioni ‘giornalistiche’ dell’imputato” e gli unici elementi a supporto “si scontrano in maniera insuperabile con le circostanze di fatto che hanno caratterizzato l’azione di Roggero”. È esclusa dai giudici anche la forma “putativa” della legittima difesa, sostenuta dal legale dell’accusato, cioè quella in cui si reagisce a un pericolo che non esiste ma si ha comunque motivo di temere: il caso di chi spara a un rapinatore nel momento in cui gli viene puntata contro un’arma giocattolo, per esempio.
 
La lucidità di Roggero sarebbe dimostrata anche dai gesti posti in essere subito dopo la sparatoria: durante la chiamata al 112 dice a una persona non meglio identificata “ne ho ammazzati due”. In precedenza aveva recuperato i preziosi rubati sul sedile dell’auto dei rapinatori, salvo rimetterli a posto dopo essersi reso conto che rischiava di alterare la scena del crimine: “Un comportamento che denota assoluta lucidità” e che dunque è “coerente con un quadro di piena capacità di intendere e di volere anche negli attimi immediatamente precedenti”.
 
All’imputato, per contro, i giudici hanno riconosciuto nella massima estensione le attenuanti derivanti dalla provocazione, oltre che dal parziale risarcimento e dalla piena collaborazione alle indagini e al processo. Resta la condanna, motivata dall’aver “deliberatamente deciso di affrontare i rapinatori con il precipuo fine di assicurarli, lui, alla giustizia, o meglio alla sua giustizia privata, con immediata ‘esecuzione’ della pena nei confronti dei colpevoli”. Un eccesso che viene messo in relazione alla precedente rapina, quella del 2015, quando Roggero era stato anche pestato a sangue dai malviventi: i responsabili, giudicati con rito abbreviato, ebbero in primo grado condanne tra i due anni e otto mesi e i cinque anni e sei mesi, che per due di loro furono poi ridotte in appello.

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