Hanno confermato la condanna già emessa in primo grado i giudici della Corte d’appello di Torino chiamati a pronunciarsi nei confronti di Marco Vito Surdo, medico di base con studio ad Alba. L’imputato è stato condannato a cinque anni.
Il dottor Surdo era chiamato a rispondere di varie accuse di violenza sessuale formulate nei suoi confronti da quattro diverse pazienti nel 2017. La prima a denunciarlo era stata una donna che nel corso delle visite era anche stata sottoposta più volte ad ipnosi. Riferiva di essere stata oggetto di inequivocabili atti sessuali proprio durante le sedute: il medico, dopo averle prospettato l’ipnosi come strumento per la risoluzione di alcuni problemi di salute, mirava a imporle un certo abbigliamento (ad esempio, indossando tacchi e perizoma) e a proibirle di avere rapporti sessuali con altre persone.
Altre tre pazienti avevano riferito di aver cambiato medico dopo essere state visitate con modalità del tutto inappropriate e palpeggiamenti non necessari. Atteggiamento che il giudice di primo grado del tribunale di Asti, condannando l’imputato a sei anni e quattro mesi di reclusione, aveva definito “subdolo” perché rivolto a “pazienti che riponevano in lui piena fiducia e che erano in ansia e preoccupate per il proprio stato di salute”. A seguito delle denunce, Surdo era stato sottoposto agli arresti domiciliari e poi dopo la condanna in primo grado sospeso per tre anni dall’esercizio della professione. Nel gennaio del 2020 aveva quindi cessato la propria attività di medico di medicina generale nell’Asl Cn2, pur continuando a professarsi innocente. Il sessantenne, di origini siciliane, è stato anche medico del Pronto soccorso al San Lazzaro di Alba dal 1998 al 2000 e titolare della continuità assistenziale (ex guardia medica) presso il presidio di Bossolasco tra il 1997 e il 2012.
Soddisfazione per la sentenza è stata espressa dagli avvocati delle parti civili costituite, Stefano Tizzani, Silvia Calzolari e Paola Coppa. Il difensore dell’imputato, Aldo Mirate, ha preannunciato il ricorso in Cassazione.