Arrivano dopo le
dichiarazioni dell’imputato e la requisitoria del pubblico ministero, con la
richiesta di quattordici anni di carcere per
Mario Roggero, i discorsi e le citazioni degli avvocati delle parti civili. Come vogliono le regole processuali, appunto. Ai legali delle famiglie dei due rapinatori uccisi nella sparatoria a Grinzane Cavour, e a quella del complice ferito, spetta forse il compito più difficile. Quello di fare i conti, letteralmente, per stabilire quanto valga una vita umana. E anche di rappresentare vittime che certo la giustizia considera tali, ma che nel sentire popolare non lo sono davvero, o non fino in fondo.
La quantificazione proposta ammonta a 2 milioni e 885mila euro per le sole provvisionali, cioè le cifre che un eventuale condannato deve pagare prima che arrivino i “veri” risarcimenti danni, stabiliti dal giudice civile. Parla per prima l’avvocato Carla Montarolo, che assiste Alessandro Modica, albese di origini siciliane, in carcere con una condanna a quattro anni e dieci mesi per la rapina alla gioielleria Roggero: “Assisto l’unico superstite di una mattanza. Un ladro di professione, ma non un rapinatore. Forse sono stata la prima a mettere in dubbio le sue parole e mi sono dovuta ricredere. Poi è arrivato il video in cui ho riconosciuto tutti i passaggi descritti da Modica”. Il sopravvissuto non era entrato nel negozio, ma aveva atteso fuori, su una macchina che i tre banditi, anziché rubare da qualche parte, avevano pensato di prendere in prestito da un’amica. Contro di lui sarebbero stati esplosi il primo e l’ultimo dei quattro colpi sparati da Roggero in successione: “Il secondo colpo è rivelatore dell’indole dell’imputato, perché del tutto gratuito. Modica era stato così pronto di riflessi da fingersi morto, ma l’imputato lo ha colpito una seconda volta alla gamba”.
In aula gli avvocati ripercorrono gli ultimi istanti dei due rapinatori colpiti a morte: il 58enne torinese Giuseppe Mazzarino, freddato all’interno dell’auto su cui cercava di scappare con i complici, e il 45enne braidese Andrea Spinelli, inseguito a piedi lungo via Garibaldi, quando era già agonizzante. Entrambi con precedenti penali, anche se non per rapina: quello, per loro come per l’unico superstite, sarebbe dovuto essere il “grande salto”. Il colpo, ripetono sia il pm che i patroni delle varie parti civili, era piuttosto raffazzonato: “Sarebbero stati presi in poche ore” assicura l’avvocato Marino Careglio, legale della famiglia Spinelli. Non si nega che il malvivente abbia commesso “un brutto reato”, ma è stato “oggetto di violenza gratuita ed efferata”: “Pestato con la suola a terra, come si pestano gli scarafaggi. In pieno centro abitato e nelle vicinanze anche di un asilo”. “Mi ha colpita - dice l’avvocato Giulia Mondino, legale del patrigno di Spinelli - la lettera di una delle figlie di Roggero, dove scrive ‘come possono i parenti di queste persone chiedere i danni?’. Passa l’idea che la vita di chi viola la legge penale non vale, o quantomeno non vale come quella degli altri cittadini. Ma non riconoscere la sofferenza dei familiari e negargli il diritto di chiedere i danni significa negarne la sofferenza”.
Si rileggono le lettere e le deposizioni dei parenti delle due vittime, descrivendo famiglie unite e traumi psicologici. “Mio fratello era il mio protettore, diceva sempre che avrebbe voluto prendersi la mia malattia” ricorda la sorella minore di Spinelli. “Sei il papà migliore del mondo, ti voglio bene” scrive la figlia a Mazzarino. Parlando del suo ruolo nella vicenda l’avvocato della madre e dei fratelli, Angelo Panza, ricorda che “è uscito dalla gioielleria con le mani libere ed è stato raggiunto dall’imputato che gli ha sparato al cuore, puntando ancora la pistola alla testa: ma i colpi erano finiti, come l’esistenza umana di Mazzarino”. Anche la compagna e i due figli piccoli del 58enne, ex buttafuori del “Macabre” di Bra, sono rappresentati nel processo. Il loro avvocato, Giuseppe Roberto Caruso, sostiene che il risarcimento già offerto da Roggero (300mila euro) è “solo una piccola parte, probabilmente un decimo, del risarcimento integrale”. E mette in conto anche il valore mediatico della vicenda: “È un processo che ha avuto un’enorme risonanza, anche alla luce delle interviste dell’imputato, cosa che accresce il dolore degli stretti congiunti”.