MONTICELLO D'ALBA - Causò la morte di un commerciante a Monticello d’Alba, chiesti nove anni per la ladra piromane

“Davide” Jie Hu, padre di tre figli, è morto nel rogo del suo negozio lungo la Statale 231. La famiglia contesta la richiesta di pena del pm: “Non merita attenuanti”

in foto: Stanka Batashka, in un video che la ritrae durante un furto

Andrea Cascioli 15/07/2024 18:20

Come sempre accade in questi casi, non c’è alcun verdetto di tribunale che potrà restituire all’abbraccio della moglie e dei tre figli Jie Hu, il commerciante 35enne morto nel rogo del suo negozio a Monticello d’Alba, lo scorso 19 settembre.
 
Alla giustizia spetta comunque il compito di punire chi ha provocato, anche se solo in modo indiretto, quella tragedia. Stanka Batashka, bulgara classe 1988, residente a Canelli, è in carcere da allora per una trafila di reati che comprendono una rapina violenta in abitazione a Cossano Belbo e una serie di furti in case e negozi dell’Astigiano, ma anche due incendi dolosi. Prima di quello all’Ipershop Express di Monticello, nel quale perse la vita il titolare, c’era già stato un episodio analogo a distanza di cinque giorni, in un centro commerciale di Canelli. Anche in quel caso la ex bracciante agricola 35enne, incurante delle possibili conseguenze, aveva appiccato il fuoco a un negozio di scarpe per distrarre gli addetti e rubare ciò che poteva dalla cassa. In quel caso, a parte estesi danni materiali, non era successo di peggio.
 
Il sostituto procuratore di Asti Laura Deodato, nell’udienza tenutasi venerdì davanti al gup, ha chiesto per lei la condanna a nove anni e sei mesi. Nella richiesta di pena è compreso lo sconto per la scelta del rito abbreviato, indicata dall’avvocato della donna, Maria Montemagno. La Batashka rimane detenuta nella sezione femminile del carcere di Torino, da dove ha partecipato in videoconferenza all’udienza.
 
Jie Hu, conosciuto da tutti con il soprannome di “Davide”, era venuto a vivere in Italia dalla Cina una quindicina di anni fa. Insieme alla moglie Suyan, che lo aiutava in negozio, aveva preso casa da alcuni anni a Santa Vittoria d’Alba. I tre figli - sedici anni il più grande, 13 e 7 gli altri - stavano con i nonni nel Paese di origine. In molti, tra Monticello e Santa Vittoria, avevano conosciuto il gestore di quel “bazar” di articoli casalinghi lungo la Statale 231. Descritto da tutti come una persona riservata ma molto gentile. Grazie a lui, nei primi mesi del Covid, il comune di Santa Vittoria aveva ricevuto una donazione di mascherine, all’epoca ancora introvabili.
 
A rappresentare la famiglia della vittima, che lascia anche tre sorelle, è l’avvocato Ferruccio Calamari. “Stupisce la richiesta di attenuanti generiche da parte del pm, in mancanza di un risarcimento almeno parziale e vista la gravità dei fatti” commenta il legale, esternando l’amarezza della famiglia per il possibile esito del procedimento. La Procura ha formulato queste conclusioni tenendo in considerazione l’incensuratezza dell’imputata. Un’ulteriore diminuzione di pena, oltre a quella per la scelta del rito, è accordata anche dal riconoscimento della continuazione, cioè dell’appartenenza di tutti i reati - l’incendio e la morte del negoziante, ma anche la rapina e i furti - a un unico disegno criminoso. Considerazione che, a sua volta, trova contraria la parte civile.
 
Se è vero che nessuna pena può riportare in vita chi non c’è più, lo è altrettanto che la giustizia ha l’ingrato compito di assegnare un “valore” a ciò che è andato perso: fra le attenuanti e una possibile, ulteriore riduzione della condanna in appello, la ladra piromane potrebbe passare in prigione non più di altri due o tre anni, tenuto conto anche della carcerazione fin qui subita. Il 6 settembre si attende il pronunciamento.

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