BRA - Con una maxi truffa avevano trasmesso all'estero 85 milioni: arrestati in cinque

Un italiano, due cinesi e due marocchini in manette nell'operazione "Muraglia di carta" della Guardia di Finanza di Bra

Redazione 05/10/2023 08:57

Le Fiamme Gialle del Gruppo di Bra hanno condotto un’indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Asti, nei confronti di una rete di imprese fantasma, conclusasi con l'arresto di cinque persone di nazionalità italiana, marocchina e cinese ed il sequestro di oltre 85 milioni di euro, frutto del reato di autoriciclaggio. Il “dominus” dello schema criminale, un commercialista di Milano, è stato destinatario di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere unitamente a due cittadini della Repubblica Popolare Cinese e a due fratelli marocchini per i quali sono stati disposti gli arresti domiciliari. L'operazione è stata denominata “Muraglia di carta” in quanto milioni di euro sono stati bonificati, quasi senza soluzione di continuità, verso diversi Paesi esteri, prioritariamente in Cina, a fronte dell’emissione di fatture per operazioni inesistenti da parte di società cosiddette “cartiere”, rappresentate solo formalmente da cittadini cinesi, che fungevano da "teste di legno". All'esito degli approfondimenti svolti si è anche appurato come numerosissime imprese (circa trecento), sparse su tutto il territorio nazionale, abbiano ottenuto benefici dalla frode, portando in dichiarazione le fatture per operazioni inesistenti, in modo così da ridurre le imposte da versare nelle casse dello Stato. 
 
L’attività di polizia giudiziaria ha consentito di bloccare le somme presenti sui conti degli indagati e delle imprese utilizzate per perpetrare la frode; contestualmente sono state eseguite decine di perquisizioni. L’investigazione nasce da un controllo fiscale della Guardia di Finanza nei confronti di un imprenditore cinese, stabilitosi a Bra: gli approfondimenti hanno permesso di ricostruirne la natura di emittente di fatture per operazioni inesistenti, nonché di svelare l’esistenza di una rete di società “cartiere” rappresentate da prestanome di nazionalità cinese. I due fratelli marocchini, invece, hanno provveduto alle dichiarazioni amministrative necessarie per l’avvio delle attività (SCIA) di alcune di esse, compilandole con dati palesemente falsi, mentre il commercialista operante a Milano è risultato essere il regista di tutto il disegno criminoso; lo stesso, peraltro, a fronte di lauti guadagni dal 2001 risultava sconosciuto al Fisco. L’importo complessivo delle somme trasferite all’estero dalle sei società “cartiere” oggetto dell'indagine risulta essere pari ad oltre 85 milioni di euro, prodotto del reato di autoriciclaggio ed oggetto dell’aggressione patrimoniale da parte dei militari. 

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