BRA - Dall'Albania alla Granda per spacciare cocaina con uno "stipendio" da 3 mila euro al mese: arrestati in sette

L'operazione condotta dai Carabinieri di Bra tra le province di Cuneo e Asti: gli spacciatori entravano in Italia grazie a un visto turistico di 90 giorni

Redazione 17/12/2024 11:56

I Carabinieri di Bra hanno dato esecuzione a sette ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal Tribunale di Asti nei confronti di sei soggetti di nazionalità albanese ed uno di nazionalità italiana, ritenuti responsabili di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti (nello specifico cocaina). L’indagine ha permesso di ricostruire l’operatività di un consolidato "network" criminale dedito allo spaccio di cocaina, attivo nel territorio cuneese e astigiano e caratterizzato da un allarmante contesto operativo, dimostrando ancora una volta come il fenomeno del traffico di sostanza stupefacenti – ampiamente radicatosi nell’odierno tessuto sociale - sia capace di produrre un mercato in perenne crescita, costantemente approvvigionato e rinnovato nei suoi principali protagonisti. 
 
Attraverso complesse indagini, è stato possibile analizzare il modus operandi del sodalizio e ricostruire l’intero processo criminale: dalle fasi organizzative a quelle ultime di realizzazione del profitto illecito. È stato documentato infatti come l’organizzazione, sfruttando il visto turistico di novanta giorni, reclutava uomini provenienti dall’Albania a cui, una volta giunti nel territorio cuneese, veniva attribuito il ruolo di “djali”, letteralmente “ragazzo” in lingua albanese, e cioè di soggetto deputato alle cessioni di cocaina, ai quali veniva attribuito uno stipendio mensile di 3 mila euro, comprensivo di vitto e alloggio. 
 
Attraverso il visto, l’organizzazione era in grado di connotarsi con profondo dinamismo nell’ingresso dei “djali” occupandosi, alla scadenza, del rimpatrio degli stessi verso l’Albania. Il meccanismo di turnover, alla base delle fasi esecutive del disegno criminoso, rendeva complesse le operazioni di identificazione dei pusher, mirando a garantirne la loro impunità.
 
Una volta istruiti sulle modalità di spaccio, i “djali”, dotati di autovettura, di smartphone e di telefoni criptati comunicavano tramite WhatsApp con i clienti, ritirando lo stupefacente confezionato in dosi e collocato in appositi nascondigli ricavati nel terreno, per poi consegnarlo. Nel corso delle indagini che hanno portato all’esecuzione delle misure è stato anche eseguito l’arresto in flagranza di un soggetto albanese trovato in possesso di circa 265 grammi di cocaina, denaro contante e materiale per il confezionamento e sono stati segnalati alla Prefettura, quali assuntori, cinque cittadini italiani con il recupero di 7 grammi  di cocaina.
 
 

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