Andrà a giudizio immediato il prossimo 17 aprile la donna arrestata per l’incendio che il 19 settembre scorso, a Monticello d’Alba, provocò la morte di un commerciante 35enne.
Jie Hu, cittadino cinese residente a Santa Vittoria d’Alba, sposato e padre di tre figli, stava lavorando nel suo negozio di articoli per la casa lungo la Statale 231, l’Ipershop Express. Nel tardo pomeriggio era uscito dai locali insieme alla moglie e alle commesse, quando le fiamme avevano iniziato a propagarsi. Poi era rientrato con un estintore, forse perché temeva che qualcuno fosse rimasto intrappolato all’interno, ma era morto ucciso dalle esalazioni: il suo cadavere, non toccato dalle fiamme, sarebbe stato ritrovato dai vigili del fuoco solo il giorno successivo.
Per la sua morte è stata incriminata una donna di nazionalità bulgara, Stanka Batashka, classe 1988. Ex bracciante, domiciliata a Canelli nell’Astigiano ma dimorante anche a Diano d’Alba, la donna è chiamata a rispondere anche di una serie di altri reati, commessi nella settimana precedente all’incendio. Una vera e propria escalation criminale, durante la quale la 35enne aveva già appiccato un incendio a scopo di furto: era successo a Canelli, nel centro commerciale “Il Castello”. Allo scopo di derubare un negozio calzaturiero aveva innescato un rogo che avrebbe poi coinvolto anche una farmacia e un caffè nella galleria del supermercato. Succedeva il 14 settembre, cinque giorni prima dell’incendio a Monticello.
Due giorni prima la Batashka si era introdotta in una cascina a Cossano Belbo, col volto coperto da una bandana e una pistola in pugno. Dalla padrona di casa, dopo averla presa a pugni e colpita al volto con una macchina fotografica, si era fatta consegnare il portafoglio e un telefono cellulare. Oltre a questa rapina, le sono attribuiti quattro furti in abitazione privata nell’Astigiano (tre a Loazzolo e uno a Canelli) e il furto di una borsa in un negozio di Canelli, sempre nei giorni precedenti il rogo mortale.
Jie Hu, classe 1987, avrebbe compito 36 anni a ottobre: era originario della provincia costiera dello Zhejiang, ma viveva in Italia già da un quindicennio, prima in Liguria e poi in Piemonte. I compaesani lo conoscevano come “Davide” e lo ricordano come una persona perbene e riservata, che nel primo periodo del Covid si era prodigata per far arrivare al comune una dotazione di mascherine. Sua moglie Suyan, scampata alle fiamme, si è costituita parte civile insieme ai genitori e a due sorelle della vittima: ad assisterli è l’avvocato Ferruccio Calamari. La Batashka, difesa dall’avvocato Maria Montemagno, è tuttora reclusa in carcere a Torino: contro di lei si sono costituite anche altre persone coinvolte nei due incendi.