Non era in aula stamane Alberto Bertone, amministratore delegato di Acqua Sant’Anna, imputato insieme al direttore commerciale Luca Cheri di diffamazione e turbata libertà del commercio. C’era invece il suo grande accusatore, Gualtiero Rivoira, ovvero l’ad del gruppo Fonti Alta Valle Po spa che controlla il brand Acqua Eva, con sede a Paesana.
La “guerra dell’acqua” vede i due colossi cuneesi delle minerali su fronti contrapposti in una vicenda che sembra scritta da John Grisham, tra siti web “coperti” da società lussemburghesi, conversazioni registrate di nascosto e contratti milionari sullo sfondo. Tutto comincia nel giugno del 2018 con una mail che provoca un terremoto ai piedi del Monviso: arriva da un alto dirigente di Coop Italia e chiede conto, in tono allarmato, delle voci riguardanti l’acquisizione di Acqua Eva da parte della catena di supermercati tedeschi Lidl. Lidl e Coop sono rispettivamente il primo e il secondo cliente di Acqua Eva nella grande distribuzione, un settore che vale circa il 75% del volume d’affari dell’azienda: questioni di vitale importanza, dunque. Ma poiché si tratta di due concorrenti diretti, Coop fa sapere di essere pronta a stracciare i contratti se la notizia si rivelasse fondata: “Sarebbe folle pensare che i buyers della grande distribuzione organizzata acquistino acqua da una società di proprietà di un competitor” ammette lo stesso Rivoira. Il punto è che non c’è niente di vero in questi rumors: e allora, chi li ha sussurrati all’orecchio delle coop?
Qui la faccenda diventa una vera e propria spy story. La fonte è una sedicente testata online di settore che si chiama mercatoalimentare.net: c’è un’inchiesta dal titolo “Acqua Eva è un brand di proprietà di Lidl?”. Nel pezzo, non firmato, si sostiene appunto la tesi che il gigante della gdo sarebbe già entrato in Acqua Eva come socio occulto e che per questo molti concorrenti di Lidl starebbero chiudendo i rubinetti - nel vero senso della parola - al gruppo di Paesana. Tutto falso, ribatte Rivoira: “Lidl non ha e non ha mai avuto nessuna partecipazione societaria in Fonti Alta Valle Po. I problemi con i fornitori sono cominciati dopo questo articolo: avevamo capito che qualcuno voleva farci male, ma non avevamo sospetti su chi fosse”.
E la genesi dell’inchiesta? Un mistero. Il sito risultava non indicizzato, cioè raggiungibile solo tramite un link diretto: a parte quel pezzo, spiega Rivoira, erano presenti solo tre o quattro articoli, ripresi però da altre testate. Il tempo di inviare una diffida al gestore e due giorni dopo tutto era già sparito da Internet. Dopo la denuncia contro ignoti, si scoprirà che il dominio web era intestato a un’anziana astigiana, classe 1937. Circostanza ancor più difficile da spiegare, il fatto che la signora fosse morta nel 2011. Dalle indagini successive si era poi risaliti al vero utilizzatore del sito, all’epoca 22enne e nipote della defunta: il torinese Davide Moscato era la stessa persona che aveva pagato il rinnovo del dominio, con una carta di credito riconducibile a una società lussemburghese. Moscato questa mattina è comparso in tribunale per chiedere la messa alla prova e ora verrà chiamato a testimoniare contro i due coindagati. L’accusa ha accertato che il giovane, titolare di un’agenzia di marketing e servizi pubblicitari, era stato nel 2018 alle dipendenze di Mia Beverage, ovvero l’azienda di Bertone che imbottiglia la Acqua Mia.
C’è di più, perché secondo Rivoira l’intera operazione sarebbe stata orchestrata da Sant’Anna con lo scopo di deprezzare la sua azienda e poi comprarla a prezzi di saldo: “Alberto Bertone mi ha contattato in maniera informale a fine 2020 per manifestare interesse all’acquisto. Un mese dopo è arrivata la proposta ufficiale, notificata a tutti i soci. Dal punto di vista economico non era un’offerta congrua e ormai avevo saputo della campagna messa in piedi contro di noi”. Campagna i cui effetti si sono rivelati dirompenti, lamentano i manager dell’impresa: “Un danno enorme sia in termini di bottiglie prodotte che di fatturato. Ancora più grave perché avevamo appena messo in funzione il magazzino automatizzato e le aspettative erano di una crescita importante” dice il direttore commerciale di Fonti Alta Valle Po, Emanuele Pacetta. La “bomba” esplosa sui rapporti col sistema coop aveva portato Alleanza 3.0, la più grande cooperativa italiana, a togliere Acqua Eva dagli scaffali per tutto il 2019: “Abbiamo perso il 50% dei volumi che avevamo con Coop e che ai tempi valevano il 7% delle bottiglie vendute, cioè circa 10 milioni di bottiglie”.
Analoghi problemi erano emersi con il gruppo Finiper, un altro dei principali clienti nella distribuzione organizzata, con i supermercati Penny e con diversi partner commerciali: “Non c’era nessuna motivazione commerciale possibile” assicura Pacetta, tant’è che, poiché le rassicurazioni sembravano non bastare ad alcuni acquirenti, si era premurato di recarsi in un paio di supermercati Coop della Toscana fingendosi un cliente. Nei file audio delle conversazioni, ascoltati in aula insieme ad alcune telefonate registrate, si sentono gli addetti agli scaffali spiegare che Acqua Eva non è più presente “perché l’ha comprata Lidl”. A livello finanziario, intanto, era saltato il possibile ingresso nella compagine di Red Circle, società del patron di Diesel Renzo Rosso che avrebbe dovuto acquisire una partecipazione: “Il deal è stato ritirato quando eravamo già molto avanti nelle trattative - conferma Rivoira -. Sulla base dell’inchiesta di Mercato Alimentare sostenevano che non fosse giusto proseguire, non essendoci trasparenza”.
Martedì prossimo, il 26 settembre, il giudice ascolterà tutti gli altri testimoni di parte civile. Per il 24 ottobre si attendono invece l’audizione del superteste Moscato e quelle dei due imputati.