Nell’aula del tribunale ha descritto il suo comportamento come “uno sfogo di rabbia fine a sé stesso e abbastanza inutile”. I fatti per cui era l’uomo stato denunciato, nel novembre del 2020, riguardano un intervento dei carabinieri a Boves, su richiesta della sua ex compagna.
Il giovane era stato trovato in mezzo alla strada, a torso nudo, nei pressi dell’abitazione dei suoceri dove aveva rotto un vetro in preda all’ira: “Ho dovuto fermare l’auto di servizio, - racconta un appuntato scelto dei carabinieri - quando lo ha visto si è spostato dalla portiera e non mi lasciava uscire, tant’è che è dovuto uscire il maresciallo per farlo spostare. Ci invitava a scendere dicendo che ci avrebbe picchiati e minacciava di tagliarci la gola”. Le provocazioni erano continuate all’arrivo di una seconda pattuglia di rinforzo: “Voi pensate di fare i furbi? Vi picchio e vi ammazzo anche a voi” aveva detto ai militari sopraggiunti. A uno di loro, allora 24enne, si era rivolto in particolare dicendogli “tu cosa credi di fare? Hai diciotto anni, con uno schiaffo ti ribalto”.
Nemmeno l’arrivo di un’ambulanza del 118, chiamata perché l’uomo presentava leggere ferite sull’avambraccio, era servito a riportare la calma. Sempre restando a torso nudo, nonostante le rigide temperature invernali, il soggetto si era rivolto all’infermiera e al medico dicendo di non toccarlo “perché gli avrebbe staccato la testa”: “Dopo parecchio tempo siamo riusciti a calmarlo, al termine dell’intervento si è anche scusato per le minacce” ha ricordato un carabiniere. L’imputato, oggi sotto accusa per resistenza a pubblico ufficiale, spiega che all’epoca “c’erano un po’ di tensioni familiari dovute alle condizioni di salute di mia figlia. Ho avuto problemi in seguito a questo e alla perdita del lavoro, poi sono andato in cura”.
Il pubblico ministero Alessandro Bombardiere ha chiesto di sanzionare la condotta ostile del soggetto con una condanna a tre mesi di reclusione. Tenuto conto dello stato di alterazione dovuto alle condizioni e della successiva presa in carico da parte del centro di salute mentale, il rappresentante della Procura ha ipotizzato la sussistenza di una parziale incapacità di intendere al momento dei fatti.
Per la difesa, l’avvocato Shelley Delpiano ha domandato l’assoluzione perché il fatto non costituisce reato, sostenendo che “l’atteggiamento dell’imputato era più che altro provocatorio, non orientato alla violenza o alla minaccia: gli operanti osservano che si era presentato con le mani dietro alla schiena”. Questa indole “era comunque motivata da un contesto familiare poco felice”.
La pronuncia del giudice è attesa per il 30 gennaio.