È al rush finale il processo che vede imputato l’ex sindaco di Argentera Arnaldo Giavelli insieme alla moglie Elisa e al suocero Sergio Degioanni (titolari della ‘Alpi costruzioni srl’ di Vinadio) e all’imprenditrice Fernanda Comba della ‘Coedil’ di Moiola.
Davanti al tribunale di Cuneo l’accusa contesta a vario titolo i reati di turbativa d’asta, peculato, abuso di ufficio, truffa aggravata e truffa ai danni dello Stato. Al centro delle indagini, condotte nell’ambito dell’operazione ‘Valle pulita’ dal Nucleo di Polizia tributaria della Guardia di Finanza di Cuneo, ci sono in particolare due gare d’appalto che sarebbero state truccate in modo da favorire l’associazione temporanea di imprese messa in piedi dalla moglie e dal suocero dell’ex amministratore.
I fatti risalgono al periodo tra il 2014 e il 2016 e riguardano in un caso il finanziamento, per circa un milione di euro, ottenuto dal comune nell’ambito del programma ‘Seimila campanili’, nell’altro il restauro conservativo del municipio di Argentera. A far emergere i presunti illeciti nel maggio 2016 erano state le indagini condotte sulla ditta Massano srl di Montanera, che aveva partecipato all’appalto ‘Seimila campanili’: un documento sequestrato nella sede dell’azienda avvalorerebbe l’ipotesi che Giavelli invitasse solo determinate imprese agli appalti, indicando le modalità di partecipazione e la percentuale di ribasso, in modo da favorire la ditta di famiglia. Gli accertamenti avevano portato allora agli arresti domiciliari per Giuseppe Massano, che ha in seguito patteggiato 10 mesi di reclusione convertiti in 75mila euro di multa, e per Arnaldo Giavelli, decaduto per effetto della legge Severino dalla carica di primo cittadino che aveva rivestito tra il 1999 e il 2009 e poi di nuovo tra il 2014 e il 2016, dopo la parentesi di Daniele Tallone.
Nel 2017, inoltre, il Comune di Argentera è finito in default, avendo accumulato un debito di 835mila euro: suddividendolo per gli appena 78 residenti si arriva alla cifra stratosferica di 10.700 euro di debito pro capite, superiore perfino all’indebitamento per residente di Roma. Anche per questo motivo l’ente ora amministrato da Monica Ciaburro, primo nella provincia Granda a dichiarare il dissesto finanziario, si è costituito contro l’ex sindaco. Questo pomeriggio in tribunale l’avvocato Gabriella Turco ha illustrato le ragioni della parte civile, evidenziando sia i danni patrimoniali (l’appalto connesso al progetto ‘Seimila campanili’ valeva 783mila euro, quello per il restauro del municipio altri 86mila), sia quelli conseguenti al fatto di non aver usufruito dei vantaggi di una libera gara, sia i danni all’immagine del comune in conseguenza di uno scandalo dalla portata nazionale.
Per contro l’avvocato Paolo Botasso, difensore di Giavelli, ha evidenziato “una certa disorganicità dei capi d’imputazione”, a cominciare da quello relativo alla vicenda ‘Seimila campanili’: qui, a giudizio della difesa, la Procura non sarebbe stata in grado di dimostrare che il segretario comunale in carica sotto l’amministrazione Giavelli, Rodolfo Ettorre, abbia subito minacce e pressioni nel suo ruolo di responsabile unico del procedimento di assegnazione degli appalti. “Ettorre dice chiaramente che quella di coinvolgere solo aziende cuneesi è stata una sua autonoma scelta - afferma l’avvocato -, di cui rivendica la paternità e le ragioni: voleva che aziende del territorio partecipassero ai lavori in modo da avere più sicurezza, affinché non venissero abbandonati i cantieri come era successo in passato”. La figura di Ettorre è centrale nel processo, nel corso del quale è passato da parte offesa a imputato patteggiando quattro mesi per concorso in turbativa d’asta. In veste di testimone è stato lui a spiegare che per il bando ‘Seimila campanili’, cui avevano fatto inizialmente richiesta circa 70 aziende anche da fuori provincia, fu poi effettuata una scrematura fino a dieci ditte (il numero minimo per una gara), tutte cuneesi.
Quanto alle ipotesi di abuso d’ufficio, il difensore nega che Giavelli sia venuto meno ai suoi doveri intervenendo nelle delibere di giunta per alcuni affidamenti diretti di cui beneficiarono la sorella, con la gestione della biglietteria degli impianti sciistici, e il cognato, titolare di una ditta di sgombero neve: “Non ci sono state violazioni dei regolamenti e sugli atti rilevanti Giavelli si è astenuto”. Mancherebbero gli elementi necessari - a giudizio della difesa - anche per contestare le accuse di peculato e truffa in riferimento ad altri due episodi emersi a margine del filone principale d’inchiesta. Il primo tocca i sospetti prelievi di gasolio dalla cisterna per il rifornimento dei mezzi del comune, di cui avrebbe invece beneficiato il sindaco con un suo automezzo, oltre a presunti favori al consorzio che gestiva gli impianti di Argentera, sempre riguardo al gasolio comunale: “Sembrava fossimo diventati una stazione di servizio” aveva osservato Ettorre nel corso dell’interrogatorio.
Sempre dalle dichiarazioni di Ettorre è scaturita un’altra indagine, legata alla pista di ‘Down Hill’. Secondo l’ex funzionario il comune avrebbe partecipato con un consorzio al bando regionale per il finanziamento della pista, ma nessun lavoro sarebbe poi stato eseguito e il consorzio avrebbe usufruito dei materiali che erano stati destinati alla ‘Down Hill’. In conseguenza di questi fatti, per cui il presidente del consorzio incaricato di gestire il progetto ha già patteggiato, il contributo di circa 20mila euro non fu erogato.
Al termine dell’arringa, l’avvocato Botasso ha chiesto l’assoluzione per tutti i capi ascritti. Nella prossima udienza fissata al 17 luglio si attendono gli ultimi passaggi e la sentenza.