BORGO SAN DALMAZZO - Assolti in appello i familiari di Graziella Giraudo, la ‘mummia di Borgo San Dalmazzo’

Nel 2013 l’incredibile ritrovamento del cadavere della guaritrice, conservato in attesa della resurrezione

a.c. 30/10/2019 14:11

 
Si chiude con un’assoluzione per non aver commesso il fatto il processo di appello per occultamento di cadavere in relazione al celebre caso della ‘mummia di Borgo San Dalmazzo’.
 
Il cadavere della ‘santona’ Graziella Giraudo venne ritrovato il 27 ottobre 2013 nell’alloggio di via Pedona che condivideva con la consuocera Rosa Giraudo. L’autopsia dell’équipe guidata dal dottor Mario Abrate consentì di stabilire che era morta per cause naturali tra il 26 e il 27 aprile del 1996, all’età di 51 anni: il suo corpo però si era preservato intatto, in uno stato di mummificazione naturale.
 
Dalle indagini emerse che la donna, la cui fama di guaritrice e cartomante era nota ben al di là del contesto borgarino, aveva riunito attorno a sé un ‘gruppo di preghiera’ di cui facevano parte, oltre alla consuocera Rosa, l’ex marito Aldo Pepino, il figlio Alfio, la figlia Dianora e il genero Valerio Allinio. Elda Allinio, sorella di quest’ultimo, non sarebbe stata parte del circolo della ‘santona’ ma la Procura ha ritenuto che fosse a conoscenza del fatto che il corpo di ‘Gresi’ era stato occultato in casa, dove veniva custodito e venerato in attesa di una possibile resurrezione.
 
Solo dopo la morte e il funerale di Rosa Giraudo, nell’ottobre 2013, era avvenuta l’incredibile scoperta del cadavere seduto in poltrona, con la mano destra alzata in segno di benedizione, il busto eretto, le braccia e le gambe avvolte in lenzuola di lino e cotone, come un sudario.
 
Nel processo di primo grado erano stati otto i rinvii a giudizio, con due patteggiamenti, tre condanne e tre assoluzioni con formula piena. I coniugi Dianora Pepino e Valerio Allinio avevano patteggiato un anno di reclusione per occultamento di cadavere. All’ex marito e al figlio, al termine del procedimento con rito abbreviato, era stata comminata una condanna di un anno, mentre Elda Allinio era stata condannata a soli quattro mesi in considerazione del suo ruolo marginale: sono stati loro tre ad appellarsi contro la sentenza di primo grado.
 
I giudici della Corte di Appello di Torino, accogliendo la richiesta degli avvocati Michele Forneris (per i Pepino) e Adalberto Pasi (per Allinio), hanno assolto i tre imputati. Il procuratore generale Giancarlo Avenati Bassi aveva chiesto il non doversi procedere per avvenuta prescrizione.

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