Tra l’agente immobiliare e la tenutaria di una casa d’appuntamenti a Cuneo c’era qualcosa di più di un semplice contratto di locazione, almeno secondo i giudici che questa mattina (martedì 5 novembre) hanno condannato il cuneese D.A. a un anno e quattro mesi e la cittadina cinese L.L. a quattro anni.
I due erano chiamati a rispondere rispettivamente di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, in seguito alle indagini dei Carabinieri che nell’aprile 2015 avevano portato alla scoperta di un giro di squillo cinesi in un piccolo alloggio in corso Dante. L’intervento era partito dalla segnalazione di un sospetto via vai di uomini, diversi dei quali identificati dai militari, lungo le scale di quel condominio.
A gestire il racket era la 55enne L.L., individuata come titolare dell’utenza telefonica che i clienti chiamavano per concordare un ‘massaggio’: il numero era infatti pubblicato su vari giornali e siti di inserzioni erotiche. Più complessi sono stati gli accertamenti relativi all’appartamento, che risultava sconosciuto sia al Comune che all’Agenzia delle Entrate. Si era scoperto che due diversi alloggi erano stati ricavati dalla divisione di un’abitazione più grande e che uno di questi - pur risultando sfitto - veniva utilizzato con regolarità da varie prostitute.
“I clienti hanno confermato di essersi recati lì nel periodo contestato per ricevere prestazioni sessuali da donne cinesi che cambiavano nel corso del tempo” ha sottolineato il pubblico ministero Chiara Canepa, affermando inoltre che la stessa L.L. si occupava della rotazione delle escort in prima persona e “aveva ammesso in sede di interrogatorio di aver riscosso i pagamenti”.
Il ruolo del professionista cuneese, titolare di un’agenzia immobiliare situata proprio di fronte alla ‘casa dell’amore’, era emerso invece dalle intercettazioni a carico di G.L., il convivente italiano di L.L. che insieme a lei portava avanti l’attività di sfruttamento e che ha già patteggiato una condanna: “L’agente immobiliare - ha ricordato la rappresentante dell’accusa - è stato il primo a venire avvisato del sopralluogo dei Carabinieri da G.L., il quale lo aveva informato degli esiti del controllo aggiungendo ‘meno male che non mi hanno trovato’”.
Da una successiva perquisizione nell’agenzia immobiliare era stato accertato che il contratto di locazione era stato registrato solo nel dicembre 2014 sebbene fosse evidente dalla documentazione prodotta che l’alloggio era occupato almeno da luglio del 2013. La registrazione catastale, insomma, “faceva acqua da tutte le parti già nel momento in cui D.A. aveva ricevuto l’incarico di affittare l’immobile”.
La difesa dell’agente ha sostenuto che l’uomo “si è limitato a mettere in contatto le parti interessate nell’ambito di una regolare intermediazione, senza trarre alcun beneficio dalle attività di prostituzione”. Nemmeno l’eventualità che D.A. fosse a conoscenza dello sfruttamento - cosa che comunque l’imputato ha negato - avrebbe configurato un reato.
Il collegio giudicante, tuttavia, ha ritenuto raggiunta la prova del favoreggiamento.